Per Ugo Rindi: a 100 anni dall’assassinio per mano fascista: Vigilianza della ragione ovvero il dovere della memoria

Il 9 aprile di cento anni fa veniva ritrovato sulla via del Marmigliaio, a Pisa, il corpo esangue del tipografo e sindacalista Ugo Rindi.

Rindi venne assassinato da una squadra di fascisti capitanata da Alessandro Carosi – allora sindaco di Vecchiano – come ritorsione per una presunta – e poi dimostratasi falsa – accusa di un ferimento di un altro fascista, da parte di un oppositore, nei pressi di Villa Filippi, sulla strada che conduce a San Giuliano Terme.

La stessa notte che venne ucciso Rindi, altre squadre di fascisti si mossero alla caccia degli oppositori, con l’intenzione di fare una strage, proposito che solo per puro caso non si realizzerà.

Chi era Ugo Rindi? Un sindacalista che aveva seguito le orme paterne sia dal punto di vista professionale che ideale, da giovane era stato affascinato delle idee libertarie, una persona molto amata e impegnata nel sociale, tanto che le stesse autorità durante l’inchiesta sull’omicidio più volte sottolinearono nei loro rapporti che Rindi era una persona «idealista» e «proba e innocua», ricordando come si fosse distinto nel settembre del 1920 negli aiuti ai terremotati della Garfagnana e Lunigiana. Come scriverà il Procuratore generale di Firenze, anche il parroco di Porta a Lucca, don Angelo Petrini, ne esaltò «le virtù e i meriti sebbene il Rindi non accettasse la religione cattolica»

L’omicidio di Rindi, come tutti sanno, negli anni 1920-1923 è stato preceduto nella nostra provincia da molti altri e i nomi delle vittime del terrorismo fascista che imperò a quel tempo, non vanno dimenticati: Enrico Ciampi, Carlo Cammeo, Luigi Benvenuti, Archimede Bartoli, Silvio Rossi, Corrado Bellucci, Paris Profeti, Serafina Tessitori, Artibano Granchi, Ugo Susini, Comasco Comaschi, Alvaro Fantozzi, Gino Bonicoli, Galliano Bertelli;Florindo Noferi, Egidio Bani, Pietro Pardi, Vasco Viviani, Oreste Taddei …

L’omicidio Rindi, che per la brutalità e la gratuità che lo connotarono ebbe una risonanza nazionale, è legato anche al nome di Matteotti che, nel suo ultimo discorso alla Camera del 30 maggio, denunciò con forza i crimini fascisti compiuti durante la campagna per le elezioni del 6 aprile 1924. Elezioni, è bene ricordarlo, caratterizzate dalla violenza e dalle manipolazioni del voto effettuate dalle squadre fasciste con la collaborazione di numerose prefetture e apparati dello Stato.

Pensiamo che ricordare Rindi, così come Matteotti e tutte le altre vittime del regime fascista sia un dovere per tutti coloro che credono nei valori della libertà e della Resistenza antifascista. Non un “esercizio retorico” bensì una costante “vigilanza della ragione” al fine di individuare in tempo la radice dell’odio e della violenza che hanno purtroppo una matrice antica nella società umana che affonda le propria fondamenta nelle diseguaglianze, nelle discriminazioni, nello sfruttamento, nelle guerre, nella distruzione del nostro ambiente e nelle dittature, che in ogni epoca, in forme e modi diverse, tendono ad emergere ed è per questo che c’è bisogno di un impegno costante nel “dovere della memoria” per costruire un argine contro questa “malattia morale e materiale” che attanaglia anche la nostra società contemporanea.

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