Piani di recupero fermi al palo E le caserme stanno a guardare

mercoledì 9 aprile 2014 Testata:QN Pagina: 14

Piani di recupero fermi al palo E le caserme stanno a guardare

Pisa, progetti per 80 milioni su aree militari dismettere

PISA PENSI agli sprechi e subito li associ ai «tagli»: alle spese da sforbiciare, al fiume di denaro che scorre via dalle casse pubbliche per andare a perdersi chissà dove, chissà come. Ma forse ci sarebbe anche un altro modo per affrontare il tabù del risparmio: risolvere il dilemma del tempo e dello spazio. Tempo-da-non-perdere. Spazi-da-recuperare. Perché la spending-review è solo una faccia della soluzione. Mica l’unica.
Prendete Pisa, città di scienza e cultura, con l’aeroporto più importante della Toscana, un’università che funziona, centri di formazione d’eccellenza e tanti progetti in cantiere. Ebbene, ormai da 13 lunghi anni la città della Torre è lì che s’arrovella intorno a un maxi-piano da 80 milioni di curo, un ibrido fra progetto turistico, programma urbanistico e operazione commerciale, senza riuscire a venirne a capo. Al centro dell’idea, tre caserme da dismettere. Ossia da recuperare trasformandole. Poi ci sarebbe un’altra caserma da costruire nuova di zecca per ospitare in un’unica sede il 6 ° Reggimento di manovra. Roba ambiziosa.
PECCATO che un estenuante percorso fatto di protocolli d’intesa (del 2001), accordi di programma (del 2007), progetti messi su carta, deliberazioni del consiglio comunale, ricorsi al Tar, varianti al piano strutturale e al regolamento urbanistico nel frattempo «scadute», fiumi d’inchiostro e tante belle parole, sia infine rimasto impigliato nella rete oscura dei labirinti romani. E pure in un rimpallo continuo di responsabilità fra Comune, Ministero della Difesa e Agenzia del Demanio: triangolo letale in cui l’amministrazione locale interpreta il ruolo di vaso di coccio fra vasi di ferro, uscendone sbeccata. Perché – dicono dalla Capitale – il progetto di permuta originariamente previsto (al Comune i costi di realizzazione della nuova caserma in cambio della cessione delle tre vecchie strutture) oggi non sta in piedi a livello economico. Non regge più. Così nel frattempo qualcun altro s’è fatto avanti: un’ampia rete di associazioni, da tempo attive sul territorio, ha occupato la caserma Curtatone e Montanara – ex distretto di leva lasciato ai rovi da quasi venti anni – per restituire alla città e rendere accessibile a tutti un parco verde di ottomila metri quadrati e strutture coperte di quattromila.
SPAZI finora sbarrati, inaccessibili, praticamente sprecati. Spazi che, stando al mai decollato progetto del 2001, andrebbero riconvertiti a uso residenziale, così come riconvertite dovrebbero essere le altre due caserme interessate dal piano: la Bechi Luserna (nuova porta turistica e terminal destinato alle centinaia di pullman che ogni giorno invadono Pisa) e l’Artale (da piegare a usi residenziali e commerciali). Naturalmente gli «occupanti» della prima, che sorge in pieno centro città, non sono per niente d’accordo con l’idea di nuovo cemento e parlano di «opache logiche di speculazione».
PORTANO avanti altre e legittime idee – quelle di spazi sociali a uso collettivo – anche se questa è tutt’un’altra storia. Perché intanto il ministro della Difesa Roberta Pinotti ha aperto uno spiraglio parlando di 385 caserme e presidi di pertinenza del Demonio militare da dismettere velocemente in tutta la Penisola. Peccato che ormai si sappia fin troppo bene come fa il triste ritornello: fra il dire e il fare c’è di mezzo lo stare a guardare.
PAOLO Fontanella, ex sindaco di Pisa e deputato che intorno al «progetto caserme» ha consumato decine di incontri pubblici e privati, interpellanze, interrogazioni, lettere a ministri e sottosegretari vari, non ha ancora perso la speranza che qualcosa infine si muova. Speranza vana? Forse se ne riuscirà a sapere qualcosa di più nei prossimi giorni visto che il Comune di Pisa e il ministero della Difesa sono al lavoro per revisionare e aggiornare il prezzo della nuova caserma che dovrebbe sorgere a Ospedaletto. Costo iniziale: quasi 80 milioni. Tanti, troppi. E non è solo questione di tempi magri.

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