«Piano Marson troppo rigido. Il compromesso è necessario»

CORRIERE FIORENTINO Pagina: 2

«Piano Marson iroppo rigido Il compromesso è necessario»

Ermete Realacci È stato presidente di Legambiente (di cui ora è presidente onorario) dal 1987 al 2003, divenendo uno dei maggiori esponenti dell’ambientalismo italiano.
È entrato in parlamento nel 2001, eletto nelle liste dell’Ulivo Oggi è deputato del Pd e presidente della Commissione ambiente alla Camera

«La Toscana, che in passato non è stata esente da errori, in questi anni ha fatto scelte coraggiose: penso ai vincoli idrogeologici, ma anche al piano del paesaggio che, una volta approvato, la trasformerà in una Regione guida in Italia. Ma è chiaro che un piano così ambizioso richiede un confronto e una condivisione ampia». Ermete Realacci, presidente onorario di Legambiente (e deputato Pd), è uno di quegli ambientalisti atipici che non hanno mai alzato le barricate contro lo sviluppo».

Quindi sul piano è stato giusto aprire alle rivendicazioni degli imprenditori?

«Riguardo ai produttori di vino, nel piano c’era una rigidità eccessiva. Le cave da un lato sono un pezzo di identità secolare toscana, dall’altro se non sono messe in regola possono avere effetti devastanti specie alla luce delle nuove tecnologie».

E il compromesso come lo si trova?

«Mi pare che le soluzioni che ha avanzato il presidente Rossi siano convincenti. L’idea è quella di porre vincoli di carattere paesistico generale sulle cime e poi di limitare la quantità di escavazione, spostando l’interesse economico sulla qualità: insomma, non bucare le apuane per farne polvere di marmo, ma per valorizzare le lavorazioni locali. La direzione è positiva: penso che sia interesse della Toscana, di Rossi e del Pd, produrre un piano che sia avanzato e che guardi al futuro».

Ci sono molti modi di guardare al futuro.

«Quando si fanno queste azioni di pianificazione, bisogna pensare a un’economia a misura d’uomo, di qualità; bisogna mettere a frutto i nostri talenti. Però vedo anche un errore, un atteggiamento di diffidenza nei confronti dei Comuni. Certo, alcuni hanno fatto scelte sbagliate; ma non possiamo demonizzarli tutti e pensare di togliere ogni loro prerogativa. Oltretutto la bellezza dipende anche dall’intervento dell’uomo: cosa auspichiamo, l’attuale Maremma o quella dei Lorena che era mezza paludosa?»

Rossi è da tre giorni a Roma: non è il segno di una Toscana che rimette al governo le sue decisioni?

«Nell’articolo 9 della Costituzione si parla di beni culturali e di paesaggio; ma il fatto originale è che nello stesso articolo si parli anche di cultura tecnica e scientifica. Ecco, di questo intreccio tra cultura tecnico scientifica e paesaggio devono essere garanti tutti: governo, Regioni, Province, Comuni… Per questo è giusto che Rossi si confronti col ministero».

Non si rischia un accentramento delle prerogative? «Serve equilibrio. La Campania l’anno scorso ha cercato di fare una sanatoria sull’abusivismo edilizio; e il governo l’ha impugnata. Su questioni così importanti è necessario un rapporto tra Regione e Stato».

Fatto sta che Rossi è da giorni a Roma dopo che parte del Pd ha stravolto il piano…?

«Ah, ma noi siamo un Paese rissoso. La Firenze del `500 è stata un prototipo. Pochi sanno che persino un simbolo come la statua del David siccome era stata commissionata dalla Repubblica fiorentina, fu presa a sassate dai seguaci dei Medici».

G. G.

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