Pisa e le sue strade: chiediamo un dibattito pubblico a partire dal caso D’Achiardi

Quando si sceglie di dare il nome di una persona a una via o a una piazza si fanno sempre i conti con il passato e con i valori che questa persona ha rappresentato. La proposta di sostituire il nome di Giovanni D’Achiardi con quello di Raffaello Menasci, promossa da Davide Guadagni, Michele Battini e Michele Emdin, con l’adesione della Comunità ebraica, dell’Anpi e dell’Associazione ex deportati, ci convince: la appoggiamo pubblicamente e con convinzione.

D’Achiardi nella fase matura della sua esistenza si è reso responsabile dell’applicazione nell’Università di Pisa delle leggi razziali, e quindi dell’allontanamento di 290 studenti stranieri, numerosi studenti italiani, 20 docenti. I molti meriti scientifici dell’ex rettore e podestà vengono in secondo piano di fronte a questa gravissima responsabilità. È giusto che tra i valori rappresentati dai nomi delle vie pisane faccia invece il suo posto Menasci, nato a Livorno e docente all’Università di Pisa, che dopo aver perso il posto fu deportato ad Auschwitz con il figlio. Vogliamo che le strade della nostra città diano voce alle vittime dell’Olocausto, non ai suoi esecutori, non ai carnefici.

La storia però non deve essere cancellata, lo ha ricordato bene Battini. Chiediamo che il caso di D’Achiardi sia in ogni caso ricordato: la storia umana è anche un repertorio di viltà e di infamie da non dimenticare. Oggi, anche studiando il caso di chi applicò le leggi razziali, può diventare un valore da proporre alla cittadinanza il coraggio di dire di no alle leggi ingiuste. Ogni legge ingiusta, ogni sistema iniquo produce delle vittime: l’Olocausto ce lo ricorda e ci invita ad attualizzarne l’insegnamento. Per questo riteniamo necessario che un’eventuale sostituzione di nome sia accompagnata da iniziative che portino all’attenzione pubblica il senso storico di queste scelte. Non si può correre il rischio di cancellare con il nome di una via una vicenda vergognosa che ci chiama tutti in causa.

Con lo stesso impegno etico vogliamo porre l’attenzione su altri casi che riguardano la storia della nostra città. A Pisa ancora oggi non esiste una strada né una piazza intitolata a Franco Serantini, la cui uccisione da parte dello Stato venne nascosta in maniera ignobile. La vicenda ha sconvolto la città e l’ha segnata per sempre. L’anno prossimo ricorrono i 50 anni da quell’episodio: non si può attendere oltre l’intitolazione di una strada o di una piazza al nome di Serantini. Esiste invece una rotonda intitolata a Giuseppe Niccolai, che nulla ha fatto per la città di Pisa se non una violenta propaganda neofascista a favore del ritorno del regime di Mussolini. Le parole di odio antidemocratico e di intolleranza che Niccolai pubblicava su «Il Machiavelli», il suo giornale, sono inequivocabili. Anche quella rotonda per noi è una vergogna.

Ci piacerebbe aprire un dibattito serio, informato, per riflettere sull’odonomastica cittadina e sulla piega che questa sta prendendo negli ultimi anni. La proposta fatta dalla destra per una via intitolata a Norma Cossetto, dopo che già il PD aveva dedicato una rotonda ai “Martiri delle Foibe”, ci preoccupa. Il dibattito per i nomi delle strade è un dibattito su come fare i conti con il passato. Ci auguriamo che il caso D’Achiardi possa essere l’occasione giusta per aprire questo dibattito in maniera consapevole ed equilibrata.

Una città in comune

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