Pisa l’inquieta. Sarà un voto sulla sicurezza

giovedì
7 giugno 2018
Testata:
TIRRENO
Pagina:
6

ELEZIONI COMUNALI

Lega e M5S: col governo amico la città torna ai pisani. Il Pd: no, da Roma arriveranno solo promesse

di Mario Neri

PISA

C’è l’uomo delle bolle in questi giorni in Corso Italia, e sembra quasi un contrappasso. Camicia, gilet, tasche bucate, un secchio di acqua e sapone, Gustav sbandiera due asticelle e una fune intrecciata riempiendo di magia gli occhi dei bambini a spasso nella via dello shopping. Finora quest’uomo smunto e sorridente sembrava anche un controcanto per questa città, abituata com’è ad un inesausto dibattito sulle notti da sballo, lo spaccio e le «coltellate» sotto i loggiati di viale Granisci o alla stazione, i furti, le borseggiatrici rom, i venditori abusivi e maneschi.

Da ieri, a seconda dei programmi elettorali, anche Gustav potrebbe essere molte cose: artista di strada, giramondo, un «raccattato», uno «zingaro». 0 più semplicemente anche lui, chissà, racchiuso nella categoria cui applicare #tolleranzazero, come invoca il neo ministro dell’Interno Matteo Salvini per il venditore ambulante senegalese che ha tirato un cazzotto a un carabiniere. Perché il «degrado a Pisa ha le ore contate», dice il deputato Manfredi Potenti. Che suona un po’ come quel «è finita la pacchia» pronunciato dal leader leghista per i «clandestini». Così, considerato negli ultimi giorni un tema perfino «inflazionato», «sovraesposto» – visto che oltre ai 10 candidati sindaci e ai 600 candidati consiglieri in corsa ne parlerebbe pure il mago Zurlì se invitato a un dibattito la sicurezza ora sarà davvero il grimaldello della battaglia di domenica prossima per le amministrative di Pisa.

Se le dichiarazioni avevano preso il passo di un lento sudamericano, ora siamo di nuovo all’heavy meta]: «Per 25 anni il Pd ci ha accusato di essere incendiari, razzisti che soffiavano sul fuoco e che l’insicurezza era solo percepita. Sei pisani vogliono legalità e decoro scelgano il cambiamento», attacca Michele Conti, exAn imbarcato da Lega, Forza Italia e FdI, il candidato sindaco convinto dalle truppe locali del sovranismo aprendere la tessera proprio per dare una vocazione ruspista al centrodestra. «Ma quale percezione?! Io non l’ho mai pensato, per questo ho dato centralità alla sicurezza nel mio programma. E per rendere Pisa più sicura assumeremo vigili e li faremo lavorare anche di notte», si difende Andrea Serfogli, assessore uscente e candidato del Pd che il Pd non voleva perché troppo in continuità con l’amministrazione di Marco Filippeschi, additato dai renziani come il Rasputin del centrosinistra.

Serfogli è ormai su una graticola. Ne è certo: da lunedì sarà il capro espiatorio se i dem subissero un’altra sconfitta, se con Pisa cadesse l’ennesimo fortino rosso nell’ex Toscana rossa. Da lunedì, esatto. Fino a ieri, infatti, nell’Italia tripolare, per Pisa sondaggisti e osservatori scommettevano su uno schema bifronte, convinti che al ballottaggio balneare del 24 giugno si affronteranno sinistra e destra. In fondo, alle politiche del 4 marzo qui non sono stati i grillini ad affermarsi (23%), ma la Lega. Qui è già spirato un effetto Cascina, qui il Carroccio è volato al 17,8% e il centrodestra al 31%, mentre il Pd s’è fermato al 24% e la coalizione di centrosinistra al 30. Certo, sotto la Torre ha pesato la scissione. L’ex deputato Paolo Fontanelli ha rastrellato 1’8,5%, e adesso «pur di non consegnare la città alla destra» è pronto ad appoggiare la corsa dei dem con un appello pubblico al ballottaggio. Ma il rosso qui ha ormai troppe sfumature, spacchettato in quattro schieramenti. Non solo Leu si è divisa, ma anche la sinistra-sinistra: da una parte il movimentismo con Ciccio Auletta, dall’altra Sinistra Italiana di Simonetta Ghezzani. Solo che adesso anche quello schema rischia di venir infranto dalla cronaca. Gabriele Amore, avvocato e candidato del MSS, di solito quasi forlaniano, ieri ha ruggito contro i «criminali che si sono scagliati contro i carabinieri» e il «Pd che per anni ci ha parlato di percezione», giurando poi: «Noi faremo di tutto per restituire la città ai pisani, ora abbiamo un ministro dell’Interno e chiederò a lui e al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede subito un incontro se diventassi sindaco».

Insomma, s’è sintonizzato sulle onde gialloverdi. Il timore dei dem è proprio questo: che la prospettiva di un governo amico a Roma stuzzichi gli elettori al «cambiamento», spera Conti. E che succede se al ballottaggio si amalgama l’elettorato legastellato? Susanna Ceccardi, sindaca di Cascina e pupilla di Salvini, l’ha buttata là: «Imbarchiamo i grillini piuttosto che le liste civiche». Conti ha detto «parliamone», i 5 Stelle per ora frenano: «No – gela Amore – 0 almeno, il popolo 5 Stelle non può essere condizionato dalla voce di un candidato». Se dovesse essere, libertà di coscienza. «Molti dei grillini vengono da sinistra, di fronte allo spettro di un replay di Cascina voterebbero noi», è convinto Dario Danti, ex assessore della giunta Filippeschi e oggi al fianco di Serfogli. «Da Roma arriveranno solo promesse, ma noi non faremo sconti all’illegalità», si schermisce Serfogli. Sarà. Ma proprio dopo l’ultimo tour di Salvini in Toscana, i dem sono partiti alla caccia di big che potessero affiancare il candidato nel finale di campagna. «Matteo, portiamo Matteo!», s’è sentito proporre Serfogli in una riunione. «Ragazzi, Renzi meglio di no…» . «Allora Lotti!». «Oh, ma volete proprio perdere», è sbottato uno dei suoi. Per qualche giorno poi si è provato ad agganciare Delrio. Alla fine oggi arriverà Martina e domani Serfogli chiuderà con un più “neutro”, seppur renziano, Andrea Marcucci. Non sarebbe stato il massimo presentarsi con il Giglio Magico in una città refrattaria alla fiorentinità e soprattutto dopo aver passato la campagna elettorale in un porta a porta sfiancante nelle periferie incazzate che dal 4 dicembre 2016 al 4 marzo 2018 il renzismo lo hanno affondato. Solo che ora la raffica di furti degli ultimi mesi nei quartieri, le spaccate ai negozi, gli abusivi e perfino «la movida degli studenti universitari incideranno molto», dice Marco Santagata, prof di letteratura all’Università di Pisa e voce “eretica” della sinistra, «sebbene Pisa non sia una città pericolosa, non il far west come racconta la destra». «Il problema però è proprio il Pd – dice il dantista più famoso d’Italia – dovrebbe rifondarsi, così è un non-partito, e non vedo scatti in avanti, mi sembra perso in dinamiche suicide». Così, se fino a ieri veder sventolare una bandiera della Lega o gialloverde da Palazzo Gambacorti sembrava un paradosso zenoniano, adesso sembra un aforisma machiavellico. Come machiavellica è la leonessa di Cascina. «Perché Pisa- tuona da settimane Ceccardi – sarà l’apriscatole per conquistare la Regione». Buon picnic.

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