Pisa: una provincia in profonda recessione e crisi occupazionale

La relazione sull’andamento dell’economia pisana presentata negli scorsi giorni dalla Camera di Commercio conferma che la nostra provincia è in profonda recessione. Colpiscono soprattutto i dati sulla disoccupazione, sulla cassa integrazione straordinaria e in deroga, sul crollo del mercato immobiliare. Sul fronte occupazionale, la disoccupazione giovanile passa da quasi l’11% del triennio 2005-8 a quasi il 22% dello scorso anno,mentre quella femminile raggiunge l’8%. Ad aggravare il quadro vi è la drammatica riduzione del commercio al dettaglio e specializzato, che soffre molto di più della grande distribuzione, e la chiusura di numerosi esercizi commerciali.

Altro dato preoccupante è l’esplosione della cassa integrazione, soprattutto quella straordinaria e in deroga che rappresenta l’anticamera della disoccupazione, che passa da 1,2 a 4,5 milioni di ore tra il periodo il 2005-2008 e il 2012, con una previsione di 7 milioni di ore per il 2013.

Nella relazione, infine, si evidenzia una crisi verticale sia del settore edile sia soprattutto delle transazioni immobiliari che sono crollate del quasi 50% rispetto al 2007 e dato ancor più significativo di quasi il 30% rispetto al 2011. Nonostante nel documento ci si soffermi con dovizia di particolari su questa contrazione colpisce il fatto che non vi siano riferimenti alle implicazioni di questo crollo: una caduta dei prezzi degli immobili residenziali e non e una conseguente svalutazione della ricchezza del patrimonio di famiglie, imprese e dulcis in fundo di banche che in passato hanno concesso mutui e prestiti. Dalla relazione appare chiaro che il tonfo del settore immobiliare sta contribuendo non poco a spingere le banche a richiedere sempre maggiori garanzie su nuovi e vecchi prestiti, con conseguenze nefaste su economia e occupazione.

E’ anche evidente che in questo quadro i piani di vendita e alienazione del patrimonio pubblico da parte degli enti locali diventano sempre più una scelta poco sensata sul piano economico –i prezzi sono più bassi e in diminuzione mentre i ricavi saranno di molto inferiori di quelli preventivati – e indifendibile sul piano politico perché avvantaggerebbe i soli speculatori.

La domanda è: cosa facciamo per far fronte a questa crisi? La relazione è terribilmente incongruente e contraddittoria su questo punto in quanto individua la necessità di piani ambiziosi ma avalla progetti, come il People Mover e soprattutto il Porto di Marina, che date la loro dimensione e natura (cio vale specie per il porto) non possono avere un sensibile impatto positivo anticiclico se non sulle tasche dei loro finanziatori e realizzatori.

Dal canto nostro non abbiamo né pretendiamo di avere la formula magica per rilanciare l’occupazione. Certo però non è adottando gli stessi metodi che hanno generato la crisi che possiamo uscire dal disastro economico e sociale in cui siamo piombati. Per definire nuove e valide strategie occupazionali e produttive rilanciamo, quindi, la proposta della convocazione degli Stati generali dell’economia e del lavoro, inteso come spazio aperto e di confronto tra tutti i soggetti.

Una città in comune

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