Primi atti in Consiglio comunale di “una città in comune”: presentata mozione sull’acqua pubblica

Tra le prime azioni di “una città in comune” in Consiglio Comunale, una mozione per l’acqua pubblica e il rispetto della volontà popolare.

Dopo più di due anni dalla vittoria referendaria per la gestione pubblica dell’acqua e l’abolizione della “remunerazione del capitale investito” dalle bollette, la volontà popolare espressa da quella consultazione non ha mai trovato effettiva applicazione, per la colpevole inerzia degli ATO, dei Governi e dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas.
Il primo passo verso un percorso di gestione pubblica del servizio idrico non può che passare attraverso una maggiore trasparenza negli atti della attuali aziende di gestione, capace di riattivare forme di controllo e partecipazione popolare nell’organizzazione del servizio.
“una città in comune” chiede dunque al Sindaco e al Consiglio Comunale di impegnarsi per ottenere da Acque Spa tutte le informazioni relative ai mutui contratti dall’azienda con le banche; di tutelare i cittadini hanno aderito alla campagna di obbedienza civile per l’autoriduzione della bolletta idrica e di promuovere una moratoria dei distacchi del servizio idrico per morosità incolpevole.
Il diritto all’acqua è infatti un diritto umano fondamentale ed universale, sancito dalle Nazioni Unite, che deve essere tutelato anche (e soprattutto) in caso le difficoltà economiche impediscano di far fronte alle spese della bolletta.

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TESTO DELLA MOZIONE

Considerata la recente ricorrenza dei due anni dal referendum sulla ripubblicizzazione dell’acqua che ha visto l’espressione favorevole della maggioranza assoluta del popolo italiano, ed in particolare nel Comune di Pisa dove hanno votato il 64,63% degli elettori con una percentuale del 96,09% di Si a favore di una gestione del servizio idrico totalmente pubblica ed estranea alle logiche di profitto

Premesso che:
· la Corte Costituzionale ha motivato l’ammissibilità dei Referendum del 12 e 13 giugno 2011 valutando con Sentenza (n°26 del 26 gennaio 2011) che, nel caso di annullamento del comma relativo alla “adeguata remunerazione del capitale investito”, stabilita in maniera forfettaria pari al 7% , la legislazione residua sarebbe stata immediatamente applicabile e rispettosa delle Direttive comunitarie in fatto di copertura di tutti i costi del servizio idrico;

· l’esito abrogativo dei referendum si è prodotto con i Decreti del Presidente della Repubblica 18 Luglio 2011 n. 113 e n. 116, pubblicati in Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 167 del 20 Luglio 2011, che hanno sancito ufficialmente la vittoria referendaria e l’abrogazione della norma che consentiva ai gestori di caricare sulle nostre bollette anche la componente della “remunerazione del capitale investito”;

· la Corte Costituzionale, con la sentenza 199/2012, ha dichiarato l’incostituzionalità dell’articolo 4 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo), convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, sia nel testo originario che in quello risultante dalle successive modificazioni, poiché questo viola “il divieto di ripristino della normativa abrogata dalla volontà popolare”;

· successivamente, il Parere del Consiglio di Stato (sez. II n° 267/2013 del 25 gennaio 2013) ha riaffermato quanto già il Capo dello Stato aveva promulgato: che a partire dal 18 luglio 2011 (D.P.R. n°116) nelle tariffe dell’acqua non dovesse essere più conteggiata la rendita abrogata con i Referendum;

· Il TAR Toscana con sentenza n. 436/2013,depositata il 21 marzo 2013, ha accolto il ricorso presentato dal Forum Toscano dei Movimenti per l’Acqua: le tariffe presentate dai gestori dopo il referendum sono illegittime in quanto comprendono ancora la “remunerazione del capitale investito” abolita dal referendum del 12 e 13 giugno 2011, quando la maggioranza del popolo italiano ha dichiarato di volere “escludere la logica del profitto dal governo dell’acqua” (così la Corte Costituzionale nella sentenza di ammissione del quesito referendario).

· la legislazione di derivazione europea (Direttiva 2000/60/Ce), impone il rispetto del principio che tutti i costi del Servizio Idrico, compresi gli interessi passivi sui capitali presi in prestito per investimenti nel settore, siano a carico dei beneficiari del servizio stesso, ma non prevede che siano garantiti ai gestori rendite parassitarie o altri profitti;

Considerata l’ostinazione, in questi ultimi due anni e mezzo, con cui gli ATO, i Governi e l’Agenzia per l’energia elettrica, gas, incaricata dai Governi di fissare i criteri del calcolo della tariffa, non hanno voluto dare applicazione all’esito dei Referendum;

Visto il Ricorso presentato al TAR della Lombardia dal Forum italiano dei Movimenti per l’Acqua e da Federconsumatori contro quanto ha deciso la suddetta Agenzia con la Deliberazione n° 585 del 28 dicembre 2012, che fissa i criteri per la tariffa transitoria, valida fino a tutto il 2013;

Considerato che la volontà popolare indica una direzione di gestione pubblica della risorsa idrica e che tale percorso di ripubblicizzazione necessita di una maggiore trasparenza e partecipazione popolare agli atti delle attuali aziende di gestione,

Alla luce del fatto che il Comune di Pisa, tramite la controllata Gea Spa di cui possiede l’87,83% del pacchetto azionario, con il 12,27 di fatto uno dei maggiori azionisti pubblici dell’azienda di gestione delle acque Acque Spa;

Il consiglio impegna il Sindaco e la Giunta:

– ad ottenere da Acque Spa tutte le informazioni relative ai mutui contratti con le banche, comprese le relative condizioni e clausole, quindi a riferire in consiglio e a rendere fruibili ai consiglieri gli atti acquisiti.

– a farsi garante presso Acque Spa della tutela dei cittadini e delle cittadine che hanno aderito, facendosi carico della richiesta di osservanza della volontà popolare espressa tramite il referendum del 2011, alla campagna di obbedienza civile, in primo luogo attraverso l’interruzione delle procedure di sollecito di pagamento attuate dal Gestore, e a riferire al Consiglio le garanzie ottenute da Acque Spa;

– a farsi promotore del principio di diritto umano di accesso all’acqua potabile e di una moratoria dei distacchi, considerata la situazione di difficoltà economica che numerose famiglie si trovano ad affrontare a causa della crisi economica; in particolare prescrivendo l’obbligo per il Gestore Acque spa del rispetto del diritto al minimo vitale anche nei casi di morosità, così come previsto anche dalle Nazioni Unite che hanno dichiarato il diritto all’acqua un diritto umano universale e fondamentale, legato alla dignità della persona;

Il consiglio si impegna

ad istruire l’istituzione di una Consulta comunale dell’acqua , quale luogo di confronto tra azienda di gestione, istituzioni, il Comitato Acqua Bene Comune Pisa, e le associazioni, individuandone i compiti e le modalità di azione per promuovere nel lungo periodo una reale partecipazione della cittadinanza nella ricerca delle migliori soluzioni per dare attuazione alla volontà popolare ed affermare un diritto che deve essere tradotto in strumenti reali, concreti, trasparenza delle informazioni, accesso ai dati, processi di consultazione

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