Queste ordinanze creano un deserto in città e lo chiamano ‘sicurezza’

Divieto per un mese di vendere alcolici da asporto dalle 21 alle 24, in vetro fino alle 3, e divieto per gli alimentari di tenere alcolici in frigo. Divieto per tre mesi, nelle aree del centro e della stazione, di sedersi, sdraiarsi o dormire sul suolo pubblico, sui gradini di edifici pubblici e privati, negli spazi verdi con alimenti, bevande o altro. Divieto per sei mesi di soggiornare o accamparsi fuori dalle aree preposte in tutto il territorio comunale.

 

Dall’8 ottobre sono entrate in vigore tre ordinanze piene di divieti, con cui il nuovo sindaco di Pisa vorrebbe migliorare la qualità della vita e la ‘sicurezza’ in città. In realtà si tratta di provvedimenti inutili e vessatori, in alcuni casi anche grotteschi, che fotocopiano ed estendono quelli già adottati negli anni scorsi, con scarso successo, dall’amministrazione comunale a guida Partito Democratico. Abbiamo sempre criticato questo genere di provvedimenti. Nel metodo, perché lo strumento delle ordinanze a tempo sottrae spazio alla discussione democratica e approfondita in Consiglio Comunale e in città, si pone in una prospettiva emergenziale e di breve periodo, senza individuare le cause profonde dei fenomeni.

 

Nel merito, perché l’idea di ‘sicurezza’ e di città che emerge da queste ordinanze è molto lontana dalla nostra: si pensa di risolvere le criticità svuotando gli spazi pubblici invece di ripensare e migliorare la loro fruizione, finendo per criminalizzare comportamenti che nulla hanno di pericoloso e trattando tutto ciò che non piace come problema di ordine pubblico. Così si ledono le libertà fondamentali di tutte e tutti.

 

Invece di punire chi compra bevande alcoliche da asporto, in esercizi commerciali che le vendono a più modico prezzo piuttosto che in bar e locali a costo più elevato, occorre ripensare la politica urbana e culturale complessiva della città, elevando la qualità dell’offerta culturale gratuita o a prezzi accessibili, e superando l’attuale concentrazione di locali in centro storico e riaprendo spazi pubblici e sociali diffusi per l’intrattenimento e lo svago serale. La maggiore produzione di rifiuti legata al consumo di bevande all’aperto diventa un problema solo se non si dotano gli spazi pubblici di più cestini e non li si svuota frequentemente, e se non si prevedono apposite regole e contenitori per la loro raccolta differenziata.

 

Invece di punire, al limite anche con l’ordine di allontanamento ossia col cosiddetto ‘daspo urbano’, chi usa il suolo pubblico, gli spazi verdi, i gradini di edifici pubblici e privati per sedersi a mangiare e bere qualcosa, occorre potenziare i luoghi in città in cui è possibile trovare ristoro senza doversi sedere in un esercizio commerciale. L’idea di multare chi consuma cibo all’aperto e in compagnia, magari chiacchierando e godendo contemporaneamente della vista delle bellezze architettoniche di Pisa, in un breve momento di pausa dal lavoro, dallo studio o dalle visite turistiche, può essere venuta in mente solo a chi ha una visione irreale e misera della socialità e della città.

 

Quanto al provvedimento contro il campeggio fuori dalle aree attrezzate, teniamo a sottolineare che esso potrebbe colpire anche persone costrette a dormire o vivere in auto, o in altre condizioni di fortuna e di estremo disagio, a causa magari di uno sfratto. Ancora una volta, con l’obiettivo tacito di colpire certi gruppi sociali sgraditi e storicamente discriminati, come i rom, si finisce per colpire tutte le situazioni i vulnerabilità sociale senza pensare alternative valide per garantire il diritto all’abitare.

 

Il sindaco ha annunciato l’intenzione di voler approvare, su queste tematiche, appositi regolamenti comunali. Mentre chiediamo il ritiro anticipato delle tre ordinanze appena entrate in vigore, sollecitiamo l’apertura di una discussione vera e aperta in città e in Consiglio Comunale sui modi di vivere gli spazi pubblici in modo da costruire davvero ‘sicurezza’, in termini di migliore qualità della vita per tutte e tutti, senza divieti surreali e misure vessatorie, ma trovando soluzioni equilibrate che tengano conto di bisogni e interessi diversi all’interno di una cittadinanza plurale.

 

Diritti in Comune (Una città in comune – Rifondazione Comunista – Possibile)

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