Parlare di ricerca in una città come Pisa sembra una cosa naturale e quasi scontata. Pisa è caratterizzata da sempre per il suo fitto tessuto di università e centri di ricerca che ne fanno una città di eccellenza scientifica, tecnologica e culturale. Purtroppo, la sua naturale propensione al sapere non si riflette nei risultati in termini di trasferimento tecnologico verso le imprese. La pubblica amministrazione, gli enti locali, le aziende di servizi possono essere uno straordinario motore di innovazione valorizzando i risultati della ricerca pubblica e privata per rispondere ai bisogni dei cittadini e delle imprese. Il trasferimento tecnologico prevede azioni che si situano a lato delle attività di ricerca (parliamo di ricerca applicata) e consistono in percorsi che comprendono: l’analisi tecnologica, la diagnosi tecnologica, il supporto allo sviluppo di progetti, l’attività di incubazione e la diffusione dei risultati della ricerca, tutti tasselli importanti di una politica di trasferimento tecnologico che abbia un carattere completo ed efficace. Sfortunatamente, questo processo virtuoso e solo apparentemente semplice, nella nostra città ha spesso incontrato degli ostacoli. La causa principale risiede proprio nel valore che le amministrazioni locali hanno da sempre assegnato alla ricerca e ai processi ad essa legati: un valore, molto probabilmente, legato solo all’importanza della conoscenza e non al suo riflesso sull’economia locale.
Il caso del recente fallimento del Consorzio Pisa Ricerche è emblematico della visione sopra descritta: CPR era nato alla fine degli anni ’80 proprio allo scopo di favorire il dialogo tra due mondi separati, quello della ricerca e quello delle imprese e, ne facevano parte tutti gli enti di ricerca locali, molte imprese e pubbliche amministrazioni quali Il Comune, la Provincia e la Regione. Purtroppo, proprio gli stessi Enti Locali hanno sempre mostrato una partecipazione “passiva” al suo funzionamento, affidandone spontaneamente la gestione all’università che indicava gli organi di direzione. Coerentemente con questa visione, anche nella gestione della crisi l’atteggiamento degli enti pubblici è stato remissivo.
Il tessuto imprenditoriale della città e della provincia di Pisa è fortemente caratterizzato da piccole e piccolissime imprese ad alta tecnologia (molte delle quali collocate all’interno del Polo di Navacchio) con competenze e saperi multidisciplinari che potrebbero bene contribuire all’integrazione di conoscenze accademico/scientifiche e economico/manageriali per creare o incrementare business partendo dagli assets economici del territorio. Sfortunatamente, anche nei confronti del Polo di Navacchio l’amministrazione locale non ha mai mostrato particolare interesse…
Non è più possibile sottovalutare il fatto che proprio l’utilizzo e la diffusione della tecnologia rappresentano oggi l’unico strumento per l’incremento della produttività e quindi del lavoro e sono un volano per l’innovazione tecnologica e di processo: elementi fondamentali per le imprese e per la loro capacità di competere sul libero mercato.
La Pubblica Amministrazione e chi si occupa del governo locale, ha oggi il dovere di configurarsi come uno degli attori principali nel processo di innovazione tecnologica e del trasferimento sul proprio territorio. Il trasferimento tecnologico verso imprese e sistemi di imprese avviene quasi sempre nel quadro di relazioni fortemente ancorate al territorio, motivando la dimensione locale di politiche appropriate che ne favoriscano il corretto funzionamento. Solo accettando l’idea che l’innovazione tecnologica non sia la semplice capacità di ricercare e di sperimentare da parte di singoli, ma un vero e proprio “processo economico” che vede coinvolti in modo organico una molteplicità di attori, gli organi di governo locale potranno intervenire direttamente nel processo con politiche precise a sostegno delle imprese o dei vari attori del sistema della ricerca e del trasferimento.