Riesplode la guerra dei kebab – Scintille fra Una città in Comune e Confcommercio: “Tutelare il centro storico”

La Nazione Pisa, 24 febbraio 2014

TUTTO gira intorno a uno spiedo. E’ la guerra dei kebab, in arabo la «carne arrostista»che, infilata in un lungo spiedino, si rosola col calore della griglia. Un piatto tipico della cucina turca. E diventato il motivo del contendere fra Confcommercio e Una città in Comune. Se la prima chiede di limitare kebabbari e minimarket in città, la seconda definisce «l’uscita di Confcommercio, dai toni apertamente xenofobi». E pensa che sia solo un modo per «mestare nel torbido». «Un uso irresponsabile e sconsiderato di parole dense di significato», risponde l’associazione che tutela i commercianti. Che tradisce in che le pronuncia «solo una volontà strumentale e distorta».
PER PRIMA era stata l’associa- zione che tutela i commercianti a fare una riflessione, tramite la sua
presidente Federica Grassini, il presidente del gruppo giovani Alessandro Trolese, quello Fipe, Enrico Guardati, e quello del centro storico Massimo Rutinelli che puntavano il dito contro le nuove aperture proprio nel centro storico. «Crediamo che l’amministrazione comunale potrebbe intervenire attraverso atti di programmazione specifici in materia di disciplina del commercio, proprio per tutelare l’identità del nostro centro storico. Altre città hanno assunto provvedimenti simili». Kebab, ma anche
mini-market che «spuntano come funghi» e presso cui «si riforniscono i venditori abusivi». E l’annuncio: «Ci faremo promotori di qualche iniziativa di sensibilizzazione». Affermazioni che hanno scatenato le reazioni di Sergio Bontempelli (Una Città in comune) che si chiede: «Sono davvero i kebab il problema del commercio a Pisa?. La crisi economica la crescente difficoltà delle famiglie e il conseguente crollo dei consumi, le politiche di austerità, il diffondersi della grande distribuzione, il declino delle aree urbane e degli spazi pubblici: tutto questo non sembra un problema, per l’associazione dei commercianti. Il nodo vero sarebbe il decadimento dell’identità del centro storico”. Dovuto – si badi bene – non ai processi di riorganizzazione del commercio al dettaglio, ma ai negozi gestiti da immigrati. Roba da non credere». E attacca: «Una tradizione che verrebbe compromessa dai piccoli esercizi gestiti dai migranti”. E attacca: “Una tradizione che verrebbe compromessa dai piccoli esercizi gestiti dai migranti. Un vero capolavoro di mistificazione e di discriminazione a sfondo xenofobo”. La replica di Confcommercio, stavolta, arriva con il direttore Federico Pieragnoli. La categoria chiede soltanto «il rispetto delle regole per tutti e una seria politica di programmazione in materia di disciplina del commercio». «Fa pena e anche un po’ sorridere – aggiunge – l’accusa che ci viene rivolta di discriminazione: è irresponsabile e sconsiderato evocare parole così dense di significato come xenofobia, che evocano nella mente di tutti scenari da incubo,
pronunciate invece solo con volontà strumentale e distorta, quando ogni giorno mettiamo a disposizione la nostra consulenza e i nostri servizi a vantaggio di tutti gli imprenditori, indipendentemente dalla loro identità e provenienza». E rilancia l’idea di «limitare le aperture di attività commerciali non riferibili direttamente alla tradizione commerciale ed enogastronomica del nostro centro storico».

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