In queste settimane si sta concretizzando un’operazione societaria che i sindaci dei comuni serviti da Acque SpA, il gestore del servizio idrico del territorio che include anche la zona pisana, non esitano a sbandierare come la tanto agognata ripubblicizzazione dell’acqua.
In effetti si tratta dell’acquisto delle quote appartenenti al socio privato (ABAB SpA che detiene il 45%) da parte dei soci pubblici costituiti in una nuova società, definita NewCo, che non è altro che una holding finanziaria.
C’è chi rievoca il referendum del 2011, quello con cui 26 milioni di cittadine e cittadini hanno sancito che la gestione dell’acqua non deve essere soggetta alle logiche del profitto, per sottolineare la bontà di questa operazione. Alcuni di questi soggetti fanno parte di schieramenti politici che avversavano quel referendum e che in questi 10 anni hanno fatto di tutto per ostacolare l’applicazione della volontà popolare.
E infatti non è tutto oro quello che luccica, anzi tutt’altro viste le modalità poco trasparenti con cui questa operazione da oltre 80 milioni di euro è stata portata avanti.
In primo luogo va fatto un bilancio della operazione della privatizzazione della gestione del servizio idrico in questi anni sostenuta e realizzata da chi ora “folgorato sulla via di Damasco” si reinventa sostenitore del pubblico. Che cosa si ritrovano i soci pubblici e gli utenti dopo venti anni di gestione pubblica-privata? Considerando solo l’ultimo decennio, la tariffa media nel nostro ambito territoriale è passata da 428 Euro del 2010 a 740 Euro del 2019, le perdite della rete sono migliorate solo del 2% marcando uno spreco del 32% dell’acqua immessa in rete e la capacità di depurazione è peggiorata scendendo dall’85% all’80% (Dati Rapporto Ecosistema urbano Legambiente 2020).
Recentemente il sindaco di Pisa Michele Conti ha dichiarato che ci sono interi quartieri, come Ospedaletto, che sono senza il servizio di fognatura e depurazione, lamentando il fatto che gli investimenti di Acque SpA non hanno rispecchiato le necessità più urgenti del territorio. Una condizione del tutto normale, quando la gestione di un servizio deve, per statuto societario, produrre un profitto da redistribuire ai soci; tale prerogativa ingenera una gestione delle priorità sugli investimenti improntata alla creazione di utile e quindi atta a favorire quegli interventi che garantiscano un ritorno economico piuttosto che servizi essenziali per gli utenti.
Ora l’idillio con il privato si è formalmente rotto e si propone riportare il servizio idrico sotto il controllo totalmente pubblico, ovvero in house. Nel 2019, infatti, i soci pubblici mandano disdetta alla parte privata degli accordi interni (patti parasociali). Successivamente, nel maggio di quest’anno, riscontrando l’impossibilità di trovare una soluzione condivisa, comunicano di voler esercitare il diritto di acquisto entro i tempi stabiliti dal contratto, quindi massimo 90 giorni.
A fronte di una partita che vale almeno 85 milioni di euro, la quota da corrispondere al privato secondo i soci pubblici, il tutto si svolge senza la minima trasparenza verso utenti e cittadini, in un clima di forte tensione con la parte privata che si muove per vie legali.
I soci pubblici, tra i quali il comune di Pisa, hanno approvato atti appositi nel mese di giugno e luglio, stabilendo per il 21 di settembre la data di costituzione davanti al notaio della nuova società partecipata Newco, finalizzata ad acquisire formalmente tutte le quote societarie.
Nonostante ci fosse tempo a sufficienza, nel nostro comune sono stati dati meno di 6 giorni a cittadinanza e associazioni per presentare osservazioni sulla delibera che la Giunta comunale ha proposto di approvare entro il 20 settembre.
Questo grave fatto si va ad aggiungere all’oggettivo impedimento per consiglieri comunali e revisori dei conti ad esercitare il proprio ruolo: si scopre infatti che la documentazione non è stata distribuita a tempo debito e che quindi risulta impossibile valutare adeguatamente i dettagli dell’operazione di acquisto delle quote private. I revisori dei conti esprimono un parere che di fatto è un macigno che pesa sull’iter di questa delibera: dichiarano “l’impossibilità ad esprimere un parere definito e preciso sul contenuto degli allegati presentati a supporto del progetto di acquisizione della partecipazione di ABAB Spa a causa della difficoltà nel breve tempo disponibile di verificare i dati contenuti nei documenti presentati, […] “
È normale chiedersi perché si sia voluto agire praticamente di nascosto visto che il percorso è cominciato oltre due anni fa e che l’opzione di acquisto è stata annunciata a maggio.
Altri forti dubbi vengono suscitati dal piano economico finanziario che sta alla base dell’operazione, per nulla definito nei contenuti e nella forma con la quale la Newco intende reperire i fondi per liquidare il socio privato.
I revisori dei conti nel loro documento evidenziano due criticità molto pesanti parlando di “indeterminatezza della parte relativa al finanziamento dell’operazione” e mettendo in dubbio la reale cifra da trasferire ai privati: “in caso di trattativa o di contenzioso con il socio di minoranza, è di tutta evidenza che la somma destinata a corrispettivo del valore della partecipazione sia non definitiva ma probabilmente suscettibile di variazioni in aumento.”
I documenti che abbiamo potuto leggere contengono simulazioni che prevedono la contrazione di un debito da oltre 100 milioni di euro che graverà sulla NewCo, da restituire reperendo soldi nella maggior parte dai ricavi da tariffa, ovvero dalle bollette. Il presidente di Acque Spa, Sardu, ha provato a tranquillizzare sul fatto che nelle bollette non si possono inserire i costi derivati da operazioni societarie come questa che invece ricadono sui soci. Peccato che i soci siano i comuni e quindi i contribuenti, che dovranno accollarsi eventuali conseguenze.
Siamo da sempre a favore della ripubblicizzazione del servizio idrico integrato, negli anni abbiamo affiancato i forum Acqua bene comune nella lotta per l’applicazione del referendum del 2011 e per l’approvazione della legge di iniziativa popolare. Quasi tutte le forze politiche, comprese quelle che governano la Regione Toscana ed il comune di Pisa si sono sempre schierate contro le nostre richieste e sono coloro i quali hanno favorito l’attuale modello pubblico-privato che ha portato fortissimi aumenti delle tariffe e risultati non soddisfacenti, almeno nella nostra zona.
Purtroppo però tutti gli elementi che abbiamo portato all’attenzione pubblica ci preoccupano molto e alla luce di quanto evidenziato non possiamo firmare cambiali in bianco.
Al contrario abbiamo presentato delle proposte per sanare in primis il vulnus democratico rispetto alla mancata trasparenza e partecipazione attraverso il rafforzamento delle attività di monitoraggio e l’istituzione di un tavolo di consultazione con cittadini e cittadine, comitati e associazioni, e rappresentanti dei lavoratori. Inoltre per quanto riguarda la parte economica finanziaria abbiamo chiesto garanzie precise contro qualsiasi ipotesi di quotazione in borsa della società che gestisce il servizio idrico e contro qualsiasi ipotesi di trasformazione, in multiutility di Acque SpA o operazioni che prevedano il trasferimento delle quote in altre aziende multiutility del territorio.
Diritti in comune: Una città in comune – Rifondazione Comunista – Pisa Possibile
PER APPROFONDIMENTI, LEGGI IL NOSTRO DOSSIER
L’OPERAZIONE “ACQUE SpA – NEWCo”: il dossier sulla finta ri-pubblicizzazione del servizio idrico nella zona del Basso Valdarno
A cura di Una Città in Comune
Dossier: “ OPERAZIONE ACQUE SpA – NEWCo: il dossier sulla finta ri-pubblicizzazione del servizio idrico nella zona del Basso Valdarno”