Rudere Pampana: città ancora una volta umiliata. Serviva un parco pubblico della memoria e non nuove residenze

Apprendiamo dalla stampa che dopo ottanta anni di abbandono sarebbero pronte “le carte” per consentire la ricostruzione del rudere sul lungarno Galilei, ultimo residuo delle distruzioni del secondo conflitto mondiale a Pisa.

Al netto del fatto che ormai degli annunci di questa giunta non ci fidiamo più – troppe volte si è detto che gli iter erano completati e “le carte” erano a posto, salvo poi rendersi conto che non era affatto così – la questione ci suscita almeno due riflessioni.

La prima è quella che evidentemente in questa città produrre abbandono, ricattare e umiliare le istituzioni, fregarsene letteralmente del bene comune, paga. Come potremmo, infatti considerare, questo “premio” a chi per decenni ha tenuto in abbandono un’area non curante dei disagi arrecati ai vicini, alla bellezza del lungarno, alla sicurezza delle persone. Non solo, la proprietà, quando è stata costretta a transennare il marciapiede prospiciente per pericolo per l’incolumità delle persone si è addirittura rifiutata di pagare per anni quanto dovuto per l’occupazione di suolo, accumulando centinaia di migliaia di euro di debito, cosa che ad un cittadino “qualunque” sarebbe costata cara…

E invece per anni le amministrazioni di centrosinistra prima e centrodestra poi hanno supinamente accettato questa prepotenza della proprietà, sottostando all’implicito ricatto del lasciare il rudere lì a marcire ancora qualche altro anno.

La seconda riflessione, nel merito, riguarda invece l’amara constatazione che in questa città manca davvero una visione. Un’idea forte, che partendo dal passato e dai tesori immensi che i nostri antenati ci hanno lasciato, sappia guardare al futuro producendo nuova bellezza, nuova qualità, nuovi modi di immaginare e costruire la città. Negli scorsi anni avanzammo una proposta, che non mancò di far discutere, di espropriare quell’area per destinarla alla fruizione pubblica, valorizzando la memoria di quella distruzione bellica collegandola ad un posto vivo e vissuto come un parco pubblico. Ebbene era una proposta, sicuramente modificabile, migliorabile, ce ne potevano essere altre. Ma sarebbe stato bello immaginare una nuova destinazione a quell’area che fosse maggiormente coerente con i nostri tempi, i nostri bisogni, e quelli futuri. Ricostruire tal quale (che poi tal quale non sarà, anche solo nelle tecniche costruttive) che senso ha? Abbiamo ancora bisogno di quel tipo di palazzo in quel punto? Non era possibile immaginare una destinazione maggiormente moderna che dialogasse con la parte antica?

Quando gli antichi Pisani hanno costruito le bellezze che tanto amiamo, non l’hanno fatto guardando al passato, ma usando tecniche innovative e per quei tempi impensabili, nuovi materiali, immaginando e osando nuovi modi di costruire.

Siamo convinti che questa città meriti un’amministrazione che abbia il coraggio di guardare al futuro, di costruire nuova bellezza, nuova qualità della vita per gli abitanti e i visitatori. Ma invece no, si preferisce ancora una volta far governare l’assetto del territorio dai piccoli interessi di bottega, continuando a umiliare la nostra città.

Una città in comune

Rifondazione Comunista

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