Tangenziale nord est: ancora cemento e traffico. Stop all’opera a serve un cambiamento radicale

Le recenti alluvioni dell’Emilia Romagna e delle Marche hanno messo il dito nella piaga delle conseguenze del consumo di suolo e della cementificazione del territorio. A chi si straccia ora le vesti e chiede aiuti per l’emergenza e la ricostruzione, ricordiamo che questi enormi danni vengono da lontano, e cioè da una pianificazione sbagliata e da continue varianti che hanno aggiunto ulteriore cemento e asfalto a quanto già previsto. Tutto senza tenere conto della fragilità dei territori e dei cambiamenti climatici in atto in cui eventi estremi come piogge intense e concentrate stanno diventano la nuova norma, quando fino a pochi anni fa si prevedeva che potessero succedere una volta ogni 100 anni.
Queste considerazioni emergono con forza in questi giorni, ma non sono nuove, e non sono le uniche che ci spingono a ribadire che la costruzione della Tangenziale Nord-Est di Pisa è un intervento profondamente sbagliato da non proseguire, 70 milioni di euro per un’opera che aggiunge cemento in un territorio alluvionabile: chi non ricorda l’alluvione di Migliarino del 2009? “Nessun colpevole” si disse allora, parlando di un evento di eccezionale portata impossibile da prevedere: non si può dire davvero la stessa cosa adesso!

Settanta milioni di euro per un’opera che ci lega ancora all’uso dell’auto privata, e che non diminuisce emissioni di CO2 e inquinamento, anzi, le aumenterà, perché è ormai noto che nuove strade chiamano nuovo traffico, in particolare se non vengono offerte alternative con i trasporti pubblici. Settanta milioni di euro sottratti ad altri usi senz’altro più utili come la realizzazione di una nuova mobilità veramente sostenibile, che permetta di lasciare l’auto a casa. Settanta milioni che probabilmente non basteranno: già per il solo tratto di Madonna dell’Acqua, si è passati da 21 a 27 milioni di euro, 6 milioni di euro in più! Non sarà l’unico aumento.
Vogliamo collegare velocemente l’ospedale alla zona a Nord di Pisa mettendo in sicurezza la rete stradale esistente nell’area pisana e liberandola dal traffico delle auto private. Questo purtroppo non rientra nell’orizzonte culturale del centrodestra e del centrosinistra dal livello locale a quello regionale fino al piano nazionale, ma è da qui che si deve partire: una riforma profonda della mobilità di Pisa e dei comuni limitrofi che diminuisca il traffico in modo radicale. L’effetto sarebbe maggior benessere e più risparmi per i e le pendolari (avere e muovere l’auto privata ha ormai un costo insopportabile), migliore qualità della vita e salute per i e le residenti, meno costi sulla sanità e sulla manutenzione delle strade per le amministrazioni. Come? Attraverso un trasporto pubblico capillare ed efficace che, assieme al car sharing, consenta di rinunciare al possesso dell’auto risparmiando, di una vera chiusura del traffico in centro, di disincentivi all’ingresso dell’auto in città e incentivi all’uso della bicicletta. Senza nuovo consumo di suolo. Abbattendo le emissioni di CO2 e particolato. E creando anche posti di lavoro. Le città metropolitane europee (e Pisa con il suo hinterland di fatto lo è) da anni adottano piani della mobilità per favorire il pendolarismo su mezzi pubblici e disincentivare l’auto privata. Noi da 10 anni proponiamo che si facciano accordi tra i Comuni dell’area pisana per permettere a lavoratori e studenti di raggiungere Pisa facilmente con mezzi pubblici e che si faccia uno studio – serio – con l’intenzione – seria – di liberare strade e tempo, ed allo stesso tempo tutelare salute, ambiente, biodiversità e clima, cioè la nostra economia, la nostra salute e la nostra sopravvivenza su questo pianeta.
E’ necessario spingere sullo sviluppo dell’intermodalità in modo da alleggerire la pressione determinata dai necessari spostamenti delle persone. Si può, per esempio, favorire l’uso di infrastrutture già esistenti, come la ferrovia, per realizzare una metropolitana superficie utile anche per favorire la mobilità di ambito urbano e peri-urbano.

Diversamente, il conto che ci presenterà la mancata previsione degli effetti dei cambiamenti climatici – evidente ora in Emilia Romagna – sarà sempre più salato.

Una Città in Comune lo dice da sempre: la necessità di una pianificazione della mobilità che tenga conto delle esigenze dell’ambiente e del territorio e che sia lungimirante è al centro del nostro programma, diversamente da quanto avviene per il partito trasversale del cemento che governa con una visione vecchia, inadeguata e dannosa innanzitutto per noi, il nostro territorio e la nostra economia.

Una città in comune

Condividi questo articolo

Lascia un commento