Teatro Verdi: grazie ai lavoratori e alle lavoratrici si riapre un dibattito pubblico sul futuro del Teatro

In queste settimane si è aperto grazie ai lavoratori, alle organizzazioni sindacali, ad interventi di persone che per anni vi Hanno lavorato con amore e competenza, un importante dibattito in città sul Teatro Verdi ed il suo futuro alla luce anche delle recenti scelte assunte dal nuovo Direttore Artistico e le sue ripetute uscite pubbliche in merito ai nuovi assetti che dovrà assumere il Teatro della nostra città.

Riteniamo importante intervenire per dare un contributo a questa discussione in un momento in cui, anche a causa della chiusura prolungata determinata dal Covid, è decisivo un confronto pubblico per il rilancio dei teatri nel nostro paese e a Pisa.

Da parte nostra condividiamo i rilievi messi a più riprese in evidenza, anche nelle sede istituzionali, da parte dei lavoratori e delle lavoratrici del Teatro Verdi rispetto a quanto è accaduto con il trittico operistico verdiano, che riteniamo essere un “esperimento” molto preoccupante fatto di mancanza di programmazione, di sfruttamento intensivo e ulteriore precarizzazione della manodopera, cercando di far passare per efficienza la riduzione del costo del lavoro a scapito di professionalità e competenze. Tutto questo ha anche ripercussioni sulla qualità della offerta come ben messo in evidenza da tanta parte della critica.

Le recenti dichiarazioni del direttore Artistico Stinchelli, oltretutto condivise e riprese dallo stesso assessore Magnani in consiglio comunale, puntano tutto sulla riduzione dei costi del personale e alla gestione delle maestranze, e questo ha evidenti ripercussioni sulla qualità dell’offerta come ben messo in evidenza da parte della critica.

Siamo di fronte ad un fallimento, giustamente criticato dai lavoratori e dalle lavoratrici, rispetto al quale è necessario cambiare subito indirizzo, visto che per di più questo modello industriale di uso intensivo della manodopera è stato fatto senza alcun confronto con le stesse maestranze, creando così un gusto clima di malcontento e protesta.

In gioco è il futuro modello di Teatro che si vuole realizzare. Ha ragiona quindi Alda Giannetti in una recente intervento pubblico che pone domande importanti su come intendono muoversi i vertici del Cda della Fondazione e se quindi il Verdi: “Deve tornare ad essere un teatro comunale solo di servizi o deve rimanere un teatro di produzione aperto alla città, ma anche ad altri teatri regionali e nazionali? Deve continuare ad avere un riconoscimento ministeriale tra i più alti o deve accontentarsi di contributi da teatro di Provincia? E il personale, non ultimo come importanza, che ruolo vogliono che abbia? Può e deve continuare ad accrescere le proprie professionalità – che nel recente passato ha contribuito a calmierare i costi di produzione – assolvendo ruoli che in un primo tempo venivano ricoperti da professionalità esterne con costi non indifferenti?”.

I lavoratori, le lavoratrici e i sindacati hanno lanciato un forte segnale di allarme non solo su questioni inerenti l’organizzazione del lavoro e materie vertenziali ma sul progetto stesso del nostro Teatro senza che ad oggi sia arrivata alcuna risposta dal CdA. Sembra prevalere una logica falsamente economicista, in cui si punta alla riduzione dei costi e ad un aumento dei ritmi di lavoro, addirittura “costringendo” a finire del lavoro a casa per alcune maestranze del teatro, che in questi anni grazie alla loro abnegazione hanno contributo a coprire carenze e mancanza di risorse.

In questo quadro un ulteriore segnale di preoccupazione è rappresentato dalla prossima nomina del Direttore generale. Infatti a fronte di un contenimento del costo del lavoro il Teatro ha emanato un bando per il nuovo direttore generale prevedendo un compenso che, fra parte fissa e oneri, si aggira intorno ai 100 mila euro. Anche in questo caso si trovano le risorse per una figura apicale, senza prima aver concluso le promesse stabilizzazioni e soprattutto senza che vi sia un piano del personale, cosa che da tempo chiediamo senza ricevere alcuna risposta.

Infine non mancano criticità anche nel metodo di selezione in quanto nel bando specifica che la figura del direttore generale potrà essere individuata anche al di fuori della procedura pubblica con totale discrezionalità del CdA, e per di più senza neanche prevedere titoli di idoneità adeguata. Come abbiamo già denunciato, temiamo che l’attribuzione di questo incarico rientri dentro la logica di lottizzazione dei posti che la destra sta portando avanti nella nostra città: non vorremmo che il nome fosse già scritto, e soprattutto fosse quello del fascista Massimiliano Simoni, già cooptato dal Verdi per la gestione estiva al Teatro Verdi con criteri opachi e senza la necessaria trasparenza

Il Teatro Verdi è un bene comune di cui tutta la città deve avere cura e di cui occorre occuparsi. Ci auguriamo che questo dibattito aperto dai lavoratori e dalle lavoratrici del Teatro stesso sia preso seriamente in considerazione innanzitutto dalla Presidente e dal CdA della Fondazione, e che coinvolga tutta la città per costringere chi la governa a dare un altro orientamento alla politica culturale cittadina a partire proprio dal Teatro Verdi.

Diritti in comune: Una città in comune – Rifondazione Comunista – Pisa Possibile

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