Troppo assente nella società. Così la sinistra perde l’identità

mercoledì
27 giugno 2018
Testata:
REPUBBLICA FIRENZE
Pagina:
II

La “Toscana rossa” appartiene al passato? Sì, ma non è un fulmine a ciel sereno: è la storia di una progressiva erosione dei fattori costitutivi di una tradizione, a cui i soggetti politici della sinistra non hanno saputo dapprima opporre efficaci antidoti; e che poi hanno anzi, negli ultimi anni, contribuito ad accelerare.

Una storia “di successo”, quella della Toscana rossa, che subisce un colpo nell’Ottantanove, con il venir meno di quel contesto che aveva tenuto insieme il riformismo dell’azione politica quotidiana e un orizzonte ideale di trasformazione sociale. La sinistra ha tenuto bene, e a lungo, elettoralmente; ma da tempo agivano molti fattori di crisi, che non sono stati affrontati: le trasformazioni sociali ed economiche, i processi di modernizzazione (o anche di involuzione) culturale; le difficoltà di trasmissione inter-generazionale dei valori politici che definiscono una identità collettiva.

La nascita del Pd ha dato un’accelerazione a questo processo: un partito privo di una propria cultura politica. Da ultimo, l’esplicita rottura simbolica con il passato ha fatto il resto: una sorta di “rompete le righe”. Se anche coloro che dovevano essere gli eredi di una storia, la dichiaravano ormai esaurita, perché mai gli elettori avrebbero dovuto ancora sentire un vincolo di lealtà alla memoria dei padri e dei nonni?

Nella storia della Toscana rossa, sin dall’inizio, ha pesato molto la capacità degli attori politici di offrire una “protezione” delle società locali dalle minacce esterne, ma insieme la capacità di offrire una visione positiva del futuro. Oggi, una società priva di ancoraggi politico-culturali ondeggia paurosamente, senza che la sinistra riesca ad offrire una lettura rassicurante e una promessa realistica di difesa degli interessi popolari. Ed emerge così un diffuso risentimento sociale: la sinistra paga un prezzo salato, per essere oramai percepita come parte dell’establishment. E mancano i legami, anche organizzativi: il famoso “radicamento

“Nell’89 è venuto meno quel contesto che aveva tenuto insieme il riformismo dell’azione politica quotidiana e un orizzonte ideale di trasformazione” territoriale” non è una formula vuota, implica la presenza diffusa di quadri e militanti, che agiscano come punti di riferimento delle micro-reti di relazione sociale. E il Pd non ne ha più o sempre meno; né il Pd si può dire certo che offra risorse simboliche, che sia un partito che susciti affezione e attaccamento, o solleciti un senso di identificazione. Tuttavia, finiti gli “ancoraggi” del passato, non è detto che se ne creino altri, solidi come quelli di una volta. La volatilità dell’elettorato è molto elevata. Ma proprio per questo, la parola passa alla politica: alla capacità di costruire strategie e alleanze in grado di parlare alla società toscana; e di ricostruire soggetti politici organizzati, partiti degni di questo nome. Questo è il vero problema: qualcuno se ne sta seriamente preoccupando?

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