Una città in comune e Rifondazione Comunista: “Dalla giunta quotidiana caccia ai Rom”

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Registriamo ormai quotidianamente il bollettino di guerra della giunta comunale di Pisa contro i Rom che, a giudicare dai titoli cubitali delle gazzette locali, sembrano essere diventati il nemico n.1 del sindaco Filippeschi e del suo assessore alle politiche sociali, Sandra Capuzzi. Essi ormai imperversano ogni giorno con commenti e dichiarazioni minacciose contro i presunti “rom illegali”. “I nomadi censiti sono 860”, dichiara Capuzzi, “e il nostro obiettivo è di arrivare alla metà. Non si tratta di un numero chiuso, ma di perseguire una via sostenibile e nel rispetto della legalità che deve valere per chiunque”. Anche per le famiglie rom, verrebbe da aggiungere. Ma se non è un numero chiuso che cosa è questa quotidiana caccia al rom perseguita con uno spiegamento di mezzi degno di miglior causa e una campagna mediatica vergognosa utilizzata per incassare un facile consenso popolare, distrarre i cittadini dai reali problemi della città e attizzare una squallida guerra fra poveri che invece si dichiara di voler contrastare? E a quale principio di legalità risponde la minacciata cacciata di circa 400 persone di etnia rom, spesso per lo più in gran parte italiane o residenti nel comune di Pisa da circa 20 anni in quanto profughi in fuga dalla guerra nella ex Jugoslavia degli anni ’90? In che modo si intende “selezionare” queste famiglie? In base a quale criterio? E che senso ha il termine “nomadi” per persone che vivono nel territorio comunale da 10-20 anni? I toni fascioleghisti dei politici locali “democratici” coinvolgono anche il prefetto vicario, Romeo, che alla stampa dichiara, con sprezzo del ridicolo: “Consiglio a chi è nell’illegalità di lasciare il territorio spontaneamente”. E magari con le mani alzate. “La polizia è in pressing continuo”, dichiara poi il prefetto in trance agonistica. Ma non finisce qui perchè l’assessore Capuzzi continua la sua personale campagna di stampa contro le associazioni che lavorano con la popolazione rom, accusandole prima di tutto di mal consigliare queste famiglie quando esse rifiutano l’assistenza (peraltro brevissima) offerta dal Comune a donne e minori dopo gli sgomberi, ben sapendo che per loro cultura le famiglie rom non accettano mai di dividersi. “Le risorse non bastano per tutti e devono essere dedicate a chi se lo merita sotto il profilo della legalità”, aggiunge. Come se, nel caso, questo criterio dovesse valere solo per i rom. E poi: “A gennaio convocherò un tavolo con le associazioni, mi aspetto i loro progetti di inclusione”. Curioso che l’assessore si aspetti progetti di inclusione dalle associazioni, mentre la giunta continua la sua fallimentare politica degli sgomberi, spendendo soldi pubblici in azioni senza sbocco, come del resto ammesso da lei stessa solo qualche giorno fa ad un altro organo di stampa. Come se la progettazione di adeguate politiche sociali fosse appannaggio delle associazioni e non del suo dicastero. Ma il prefetto Romeo rincara la dose: se le associazioni “saranno in grado di trovare case e appartamenti per strappare queste persone alle baracche in cui vivono, saremo grati alle associazioni. Intanto, via gli illegali”. Come se le politiche abitative, in assenza di qualsiasi progetto di edilizia popolare pubblica, fossero appannaggio delle associazioni e non dell’amministrazione comunale. Detto questo, non siamo indifferenti alle criticità sollevate da cittadini nei quartieri in cui sono dislocati alcuni campi rom, ma li invitiamo a ragionare sul fatto che lo stato di disagio sociale in cui versano non è causato dalla presenza delle famiglie rom, ma dall’assenza di qualsiasi progettualità sociale, culturale, ambientale e relazionale seria, pianificata e non estemporanea da parte di questa amministrazione che ha deciso di mostrarsi forte con i deboli e debolissima con i forti solo per ragioni di consenso elettorale e per coprire le proprie responsabilità. Fonte: Una città in comune – Rifondazione Comunista

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