In un’epoca in cui le nuove carceri vengono edificate fuori dai centri abitati, lontano dalle zone di transito della cittadinanza, Pisa ha la fortuna di avere una struttura carceraria che è ben inserita nel tessuto urbano cittadino. Eppure le persone detenute e chi lavora in carcere sono costantemente dimenticate nel dibattito elettorale così come nei programmi dei candidati a sindaco.
Eppure, la situazione della casa circondariale pisana è a dir poco drammatica. come testimoniano i rapporti di Antigone e la senatrice Cucchi nella sua recente visita: l’inadeguatezza strutturale è in continuo peggioramento, i problemi di sovraffollamento e la carenza di azioni di inserimento lavorativo sul territorio per le persone detenute fanno del Don Bosco un luogo di negazione dei diritti fondamentali nel quale le rivolte, sempre più frequenti, lasciano solo intuire lo stato in cui sono costretti detenuti ed operatori.
Fino ad oggi, il gruppo Diritti in Comune è l’unico che in Consiglio Comunale ha ripetutamente sollevato queste problematiche, attraverso interpellanze e ordini del giorno. Nel nostro programma elettorale per il governo della città sono ben chiare le linee di intervento per affrontare in maniera strutturale i problemi del Don Bosco, almeno per quel che pertiene all’amministrazione comunale. Innanzitutto, è urgente la realizzazione di una struttura esterna per accogliere i familiari delle persone detenute in attesa dei colloqui, così come la creazione di uno sportello interno per l’accesso ai procedimenti amministrativi comunali da parte dei detenuti, in linea con le indicazioni del garante nazionale. L’amministrazione comunale deve poi farsi parte attiva nel potenziare i servizi di mediazione sociale, linguistica e culturale, nonché nell’ingresso del mondo produttivo in carcere, attraverso la realizzazione di percorsi professionalizzanti ben strutturati, in collaborazione col centro per l’impiego. Ciò serve soprattutto nella sezione femminile che, per l’esiguo numero di detenute, vive uno stato di abbandono formativo e lavorativo se possibile maggiore del resto della popolazione carceraria. In quest’ottica è necessario potenziare anche l’intervento del Comune per garantire l’accesso alle misure alternative alla detenzione attraverso percorsi di inclusione, nella duplice ottica di alleviare il sovraffollamento e offrire concrete opportunità di reinserimento. Serve un concreto impegno nella direzione di una cultura della giustizia riparativa, da realizzarsi attraverso uno sportello di giustizia di comunità costruito assieme all’ufficio esecuzione penale esterna e al terzo settore. Il lavoro di pubblica utilità, che questa amministrazione non ha mai attivato, non deve sostituirsi al lavoro salariato, ma deve essere co-progettato con le associazioni in una vera ottica di giustizia di comunità. infine, attraverso la società della salute, bisogna garantire l’accesso delle persone detenute ai servizi residenziali sanitari per i detenuti incompatibili con il regime detentivo.
A fronte di queste urgenti necessità di intervento, l’attuale amministrazione, che della retorica sulla sicurezza ha fatto una bandiera elettorale, non ha mostrato che disinteresse, così come del resto era avvenuto con le precedenti amministrazioni; neanche le varie audizioni nella II commissione consigliare permanente del Garante Comunale dei detenuti e del personale volontario che lavora nella casa circondariale sono servite ad indurre il Comune ad interventi concreti. Eppure sono ormai innumerevoli gli studi che dimostrano che in una società in cui le difficoltà economiche e sociali delle persone sono affrontate adeguatamente il numero dei reati cala enormemente, così come cala il tasso di recidiva. Intervenire nel settore della marginalità sociale, stanziando fondi per gli interventi di sostegno ed assistenza alle persone in difficoltà è ciò che un’amministrazione locale può e deve fare per incidere realmente sulla questione della legalità e quindi sulla questione carceraria. Perché il sovraffollamento carcerario si combatte anche riducendo le cause socio economiche di commissione dei reati, attraverso azioni volte all’inclusione sociale e lavorativa. Per questo è necessaria un’inversione totale sulle politiche sociali ed economiche in questa città, a partire dal diritto all’abitazione, alla salute, al lavoro. Una città povera, gentrifcata , con servizi locali ridotti al minimo e’ una città che produce popolazione carceraria.
Solo con azioni di questo tipo si può pensare ad una città più vivibile e ad un carcere in dialogo col territorio. Le passerelle del sindaco Conti agli eventi di beneficenza, meritoriamente organizzati da chi realmente si spende per il miglioramento della situazione carceraria a Pisa, non sono certo sufficienti a nascondere il fatto che fino ad oggi per il Comune il carcere è un luogo dimenticato.