Nuova dura condanna delle politiche discriminatorie e razziste portate avanti in questi anni dalla giunta Conti da parte del Tribunale di Pisa. Dopo la sconfitta sulla moschea, quando il Tribunale amministrativo regionale ha scritto a chiare lettere che l’azione della destra violava il principio costituzionale della libertà di culto, l’ultima sentenza riguarda il bando per l’assegnazione delle case popolari, impugnato dai sindacati degli inquilini.
Come abbiamo denunciato fin dal febbraio del 2020, anche con formale diffida, il bando era illegittimo in quanto conteneva due evidenti clausole discriminatorie: l’esclusione di tutti coloro che non avevano almeno 5 anni di residenza nel Comune, e l’obbligo per i soli cittadini non europei di produrre un certificato di impossidenza di beni immobili all’estero invece di poter procedere, come tutti gli altri, all’autocertificazione. Ed è esattamente su questo punto che insiste la sentenza di condanna del Tribunale.
Invece di riconoscere subito queste illegittimità, a fronte dei ricorsi da parte dei sindacati degli inquilini l’amministrazione comunale aveva deciso di bloccare l’esame di quasi mille domande di accesso agli alloggi popolari. Così per tutto il periodo della pandemia, in una delle fasi più critiche della nostra storia recente, un migliaio di persone è rimasto nel limbo, senza poter entrare nelle graduatorie per gli alloggi popolari, in attesa di un esito scontato: la decisione del tribunale di dichiarare illegittimo il bando 2020. Anche grazie al nostro lavoro in Commissione consiliare, il nuovo regolamento per le case popolari e il nuovo bando sono finalmente in linea con la Costituzione.
La furia propagandistica di questa amministrazione, determinata a colpire i cittadini stranieri in nome di vuoti slogan come “prima gli italiani” o “prima i pisani”, ha colpito un migliaio di persone – italiani e stranieri – che avevano fatto domanda di alloggio popolare. Si tratta di un’ulteriore e pesante sconfitta per la Giunta Conti e una vittoria importante in tema di diritti: una vittoria che occorre estendere ad altri ambiti dell’amministrazione comunale. Infatti, il Documento Unico di Programmazione per il 2022-2024, parte integrante del bilancio comunale approvato dalla destra nello scorso dicembre, contiene ancora numerose clausole discriminatorie per l’accesso a determinate prestazioni sociali ed educative.
Quanti bandi devono ancora essere sospesi a causa di ricorsi? E quante famiglie devono ancora aspettare di vedersi riconosciuti i propri diritti, prima che questa amministrazione decida di rispettare la Costituzione e la smetta di fare propaganda? Non è escludendo determinate categorie della popolazione dall’accesso ai diritti che si costruisce una società giusta e sicura, ma investendo seriamente in politiche abitative, sociali ed educative che rispondano ai bisogni del territorio, a partire dai soggetti più precari e vulnerabili colpiti dalla crisi e dall’inflazione.
Una città in comune
Partito della Rifondazione Comunista