martedì 12 giugno 2018 |
Testata: CORRIERE DELLA SERA |
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Il confronto con il 4 marzo. La Lega mobilita 1’80% dei suoi
Chi aveva scelto 5 Stelle alle Politiche a questo giro si è astenuto (tranne ad Ancona: 43,5%). E chi ha votato lo ha
fatto, ad eccezione di Ancona,
di Renato Benedetto
MILANO Tre mesi dopo, la scelta più comune tra chi il 4 marzo aveva votato 5 Stelle è stata di non andare ai seggi domenica. E chi alle urne è andato, alle Comunali ha preferito spesso dare il suo voto altrove, al centrosinistra o al centrodestra. L’elettore della Lega, invece, è tornato al seggio nella gran parte dei casi (circa 8 su 1o). E, in maggioranza, ha scelto il candidato sindaco del centrodestra.
L’analisi dei flussi dell’Istituto Cattaneo che mostra come si muove l’elettorato tra una elezione e l’altra aiuta a capire i destini assai diversi dei due alleati di governo alle elezioni di domenica: la battuta d’arresto dei 5 Stelle, che nei Comuni capoluogo passano dal 32,7% di marzo al 12,1 di domenica, perdendo oltre 20 punti; e l’ulteriore crescita della Lega per le Amministrative non in giallo-verde, ma nel più «classico» centrodestra con la coalizione (al 38% nei capoluoghi, dal 33,4 di tre mesi fa).
Vale sempre l’avvertenza alla cautela: è un confronto tra Politiche e Amministrative. Ma i dati che emergono dall’analisi del Cattaneo sono netti. Nelle quattro città esaminate Ancona, Brescia, Pisa e Vicenza più del 50% per altri candidati: a Brescia il 26,8% degli elettori grillini ha preferito il centrosinistra, contro i117,4 che ha messo la croce sul candidato pentastellato; a Pisa e Vicenza preferito invece il centrodestra (rispettivamente i124,3 e 30,6%).
Le scelte dell’elettorato grillino in libera uscita «non sono univoche»: «Chi si aspettava che l’alleanza con la Lega portasse gli ex elettori del Pd passati al M5S a tornare nel centrosinistra precisa Rinaldo Vignati, curatore dell’analisi a Pisa è stato sonoramente smentito». E non solo a Pisa. «Il Movimento a livello nazionale ha in pancia 2,5 milioni di voti presi nel tempo al Pd è il commento di Roberto Weber, presidente dell’Istituto Ixè . Elettori che ora possono fare fatica a votare M5S alleato della Lega ma non tornano al Pd. Ingrossano l’astensione, perché l’insofferenza per il partito che hanno lasciato è alta». Ma più che l’alleanza con la Lega, per Weber, il Movimento paga la «totale assenza di un gruppo dirigente sul territorio». Semplicemente: «Non si vedono».
«A differenza della Lega, che lavora sul territorio con esponenti riconoscibili», sottolinea Alessandra Ghisleri, direttrice di Euromedia Research. Ma non solo: «I temi del Carroccio hanno molta presa sull’elettorato anche a livello locale: si pensi all’immigrazione, questione percepita proprio nelle città; o alle tasse». Ma se chi i14 marzo aveva scelto la Lega è tornato alle urne per una quota maggiore dell’8o% (tranne ad Ancona, nell’analisi del Cattaneo), non così è stato per Forza Italia. Che ha pagato di più l’astensione. Anche perché, nella concorrenza interna al centrodestra, «forse FI risente, appunto, della narrativa forte di Salvini, vicina all’attualità», commenta Ghisleri.
E poi c’è il fattore Salvini: « È un capo partito moderno, sa quali sono le corde da toccare e le tocca per Nicola Piepoli. È vitale e lo comunica». La Lega, adesso, «sarebbe intorno al 25% a livello nazionale, dal 17,3 delle Politiche». L’analisi del Cattaneo sottolinea come dal 4 marzo a domenica ci sia stato un travaso di elettori dalla Lega al Pd, come a Vicenza (il 21,1%) e Pisa (18,8): l’ipotesi, sottolinea l’analisi di Vignati, è che si tratti di persone provenienti del mondo del sindacato legato alla sinistra, attratti dalle modifiche alla legge Fornero o dai temi dell’immigrazione a livello nazionale, poi tornati verso sinistra nel voto locale.
E il Pd, rispetto al 4 marzo, si mostra capace di mantenere il suo elettorato, che alle urne ci va e resta anche fedele alla coalizione di centrosinistra (intorno al go% a Brescia, Vicenza e Ancona; non a Pisa, dove la concorrenza a sinistra era forte).
Anche i dem «sono lievemente risaliti sottolinea l’ad dell’Istituto Piepoli . Se ci fossero state le elezioni nazionali ieri il Pd sarebbe stato al 22%. Non ha più il peso di Renzi, perché localmente non c’è, e quindi è cresciuto». Ma i 5 Stelle, è la previsione, si riprenderanno già alle Europee di maggio 2019: «L’Europa, la contestazione… lì troveranno terreno adatto conclude Piepoli , quando non si parlerà di strade e bisogni personali, ma di grandi temi».