Il deterioramento di beni di proprietà pubblica è un danno erariale

Il bando attraverso il quale il Comune di Pisa assegnerà ad una associazione o gruppo di associazioni la struttura in legno di Gagno è stato pubblicato il 14 marzo scorso. Era atteso dal 2008. La struttura era stata finanziata nell’ambito del bilancio partecipato allo scopo di realizzare un centro di aggregazione sociale per il quartiere. La decisione di occuparlo è maturata dopo aver a lungo atteso l’apertura e l’uso del casottino mentre le intemperie deterioravano le pareti esterne.

Di fronte all’inerzia del Comune nel decidere le modalità d’uso della struttura è stata stupefacente la rapidità con cui il Comitato di Gagno la ha trasformata in una fucina di attività: doposcuola, sportello d’ascolto, raccolta di indumenti usati, festa di carnevale, chiacchiere al sole nel patio antistante e contemporaneamente turni di pulizia rigorosamente stabiliti, raccolta differenziata dei rifiuti, severo divieto di fumo all’interno dei  locali, regole sull’accensione del riscaldamento, sul livello di rumore delle attività svolte…Fa decisamente sorridere chi invoca il termine illegalità per definire quello che sta succedendo a Gagno.

Ciò che è sicuramente illegale – il termine preciso è danno all’erario – è tenere beni di proprietà pubblica inutilizzati, esponendoli al deterioramento.

Troviamo quindi assolutamente inammissibile che nel bando del 14 marzo, tra i requisiti di partecipazione, si legga che i soggetti concorrenti non debbano “avere in corso né aver avuto occupazioni senza titolo in immobili di proprietà del Comune di Pisa”.

Il Comitato sta effettivamente portando avanti attività che coinvolgono il quartiere, esattamente nello spirito dei finanziamenti che avevano permesso la costruzione del casottino, con la finalità di realizzare un punto di aggregazione sociale. Il lavoro viene svolto gratuitamente, a vantaggio di tutti. Il Comune lo ha invece sottratto al quartiere per sei anni, senza renderne trasparenti le motivazioni.

Altro punto critico del bando è l’onere economico richiesto all’associazione affidataria della struttura: perché devono pagare dei cittadini che lavorano gratuitamente, per svolgere servizi sociali utili a tutti coloro che possono averne bisogno? Perché devono pagare dei cittadini che si preoccupano di gestire e tenere aperto uno spazio aperto a tutti, anche ad altri soggetti che intendono offrire gratuitamente i loro servizi? Perché è a questo che pensa il Comitato di Gagno. Perché è a questo progetto che sta lavorando. Ci chiediamo quanto l’Amministrazione si sia proccupata di mettersi in relazione con gli occupanti per capire cosa stia realmente succedendo nel “casottino”.

Tutto questo, senza tener conto che la possibilità offerta dal bando di somministrare alimenti e bevande all’interno della struttura apre le porte alla trasformazione di uno spazio aggregativo solo in un bar, col mero scopo di ottenere proventi per sostenere le spese richieste dal bando. Tradendo così le finalità sociali dichiarate. E senza tener conto che l’idea di un nuovo bar è particolarmente avversata dagli occupanti.

A nostro avviso, se si vuole davvero trovare un modo condiviso di gestire il casottino, il primo passo è quello di ritirare il bando e aprire un reale confronto con il quartiere e i suoi abitanti, a partire dal Comitato che sta rendendo viva la struttura. Perché il primo obiettivo deve essere rispondere ai bisogni dei cittadini per i quali la struttura è stata realizzata.

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