Che a Pisa esista oggi un problema generale di politica culturale è sotto gli occhi di tutti. Mentre viene inaugurata la nuova Biblioteca comunale alle Piagge, ricca di servizi ma poverissima di libri, alcuni dei luoghi simbolo della cultura cittadina, dalla Limonaia alla Domus Mazziniana, dalla Biblioteca Franco Serantini alla Biblioteca Universitaria, vivono una crisi profonda che ne minaccia l’esistenza. È un paradosso prodotto dalle scelte strategiche delle istituzioni locali: anziché investire in un settore dal ritorno economico certo come le risorse culturali e scientifiche che la città già possiede – un patrimonio fatto di competenze e spazi fisici da valorizzare, restituendo Pisa alla sua vocazione di città di studi, cultura e lavoro – si insegue il modello di una città mercificata intorno a pochi monumenti tirati fin troppo a lucido per abbagliare un turismo di massa “mordi e fuggi”.
Il caso della Biblioteca Universitaria di Pisa (BUP), chiusa dal 29 maggio 2012 e vittima ancora oggi di un futuro assolutamente incerto, è emblematico della cattiva gestione dei rapporti tra Università e Comune di Pisa e dell’opacità e autoreferenzialità dell’Amministrazione locale che, schermandosi dietro a un rimpallo di competenze, nulla ha fatto per favorire un autentico dibattito pubblico sulle sorti della principale biblioteca cittadina, sede dei documenti per quella storia della città la cui conoscenza, a parole, non si perde mai occasione di tutelare e promuovere.
Questa vicenda, al centro della partecipata assemblea pubblica organizzata oggi dall’Associazione degli Amici della BUP nei locali della Limonaia, ci parla della singolare decisione del Sindaco Filippeschi di chiudere l’accesso all’edificio storico dell’Università, il Palazzo della Sapienza, a seguito del terremoto in Emilia-Romagna della primavera scorsa, senza che ad oggi ancora sia stata poi prodotta una perizia tecnica (su questo, chiediamo finalmente tempi certi); della freddezza del Rettorato ai tanti appelli che si sono moltiplicati per garantire la rapida riapertura del Palazzo della Sapienza e della BUP; di un toto-palazzi sulla possibile sede alternativa della Biblioteca, che ha messo a nudo le contraddizioni della gestione del patrimonio immobiliare pubblico cittadino, rivelatosi già tutto impegnato per future speculazioni private, che pure le attuali condizioni di mercato rendono improbabili; di ritardi, lentezze e silenzi, che impediscono ancora di sapere, a oltre 10 mesi dalla chiusura, quale sarà il futuro del Palazzo della Sapienza e dei volumi che ospitava, né offre garanzie circa la futura integrità del patrimonio librario. E intanto, in assenza di qualsiasi piano complessivo e nonostante il recente intervento del ministro della Cultura in scadenza, Lorenzo Ornaghi, che ha assicurato il ritorno della BUP in Sapienza (tutta?), si stanziano centinaia di migliaia di euro per lavori in alcuni locali a San Matteo, da destinare alla riapertura temporanea e parziale dei servizi della Biblioteca. Un’altra soluzione sorprendente: in tutto il mondo, infatti, i lavori di restauro e di consolidamento delle biblioteche si fanno procedendo per comparti, senza mai svuotarle dai libri.
Una città in comune è accanto alle lavoratrici e ai lavoratori della Biblioteca e all’Associazione degli Amici della BUP che hanno condotto sino ad oggi una seria e documentata, ma purtroppo spesso isolata, battaglia civile e culturale. Esprime una netta contrarietà rispetto al modo poco trasparente con cui le istituzioni cittadine hanno affrontato un problema di vitale importanza per la città: ancora una volta è mancata quella sinergia tra Università e Comune che dovrebbe favorire l’interesse della comunità. Che questo sia leso dalla vicenda della BUP è fuori discussione: oltre al danno per i commercianti di Piazza Dante e al notevole danno d’immagine nazionale e internazionale per l’Università di Pisa, la chiusura della BUP impoverisce senza motivo la città e i suoi abitanti, privati di un bene comune di straordinario valore. Ci rivolgiamo, perciò, anche al Prefetto affinché vigili e garantisca l’interesse pubblico generale, come corrisponde alle sue funzioni.
Una città in comune propone che sulla BUP si avvii una riflessione pubblica e condivisa, mediante interventi plurali e un’assemblea cittadina in cui si confrontino finalmente tutte le voci, che porti a farne una reale priorità per il futuro di Pisa, che vogliamo legato alla lettura, alla cultura, alla ricerca e al lavoro e alle competenze che esse portano a tutta la città. Anziché un bene da salvare, la BUP deve essere oggetto di un progetto di rilancio, che porti alla realizzazione nella Sapienza di una grande biblioteca pubblica per la città, un luogo di formazione e ricerca all’avanguardia per studenti e docenti, ma anche un grande spazio aperto a tutti gli abitanti, dove incontrarsi e elaborare le risposte alle difficile sfide del futuro, che attendono anche una città come Pisa. L’Amministrazione Filippeschi ha steso tappeti rossi a una multinazionale come IKEA e ha approvato maxi-varianti urbanistiche a tempi di record quando si è trattato di favorire gli affari dei privati: come mai non si riscontra altrettanta efficienza per tutelare un bene comune come la Biblioteca Universitaria e investire sulle ricadute positive che un’apertura e un forte rilancio di questo patrimonio pubblico avrebbero per tutta la città?
una città in comune