La notizia apparsa sulla stampa di una foto di Filippo Bedini (assessore pisano all’ambiente e alle tradizioni storiche) che indossa una felpa della X MAS dovrebbe sollevare qualche preoccupazione in tutta la città. Non è il primo, all’interno del consiglio comunale di Pisa, che esplicita un sentimento nostalgico nei confronti del ventennio mussoliniano e del fascismo della Repubblica di Salò. Appare ogni giorno sempre più evidente come dietro le “svolte” dei partiti postfascisti, esista e sia radicato un legame con persone, simboli, miti direttamente legati al fascismo.
Un po’ di storia. La X Flottiglia Mas è stato un reparto militare della RSI, creatosi alla notizia dell’armistizio l’8 settembre 1943 per continuare la guerra al fianco dei nazisti. Autonoma rispetto alla Gnr e alla struttura dell’esercito fascista, riconosceva esclusivamente l’autorità di Mussolini, e come altre bande irregolari, a tutti gli effetti gruppi di estremisti fanatici tra cui menzioniamo le tristemente note bande Carità e Koch di Firenze e Roma, ebbe come principale obiettivo quello di dedicarsi alla repressione antipartigiana attraverso pratiche brutali e violenze efferate, come torture, fucilazioni sommarie, rappresaglie, rastrellamenti e crimini di guerra. Vogliamo ricordare tra le varie azioni criminali della X Mas la strage di Forno nella vicina provincia di Massa, dove, insieme a reparti tedeschi, attuò un’azione di rappresaglia nei confronti del paese occupato dai partigiani nel giugno 1944. Oltre ai partigiani morti in combattimento, i nazisti e fascisti rastrellarono tutto il paese ritenendo gli abitanti responsabili e solidali con i resistenti, fucilando 60 uomini e deportandone altrettanti 50. È doveroso inoltre non dimenticare che a capo della X Mas vi era l’ufficiale di marina Junio Valerio Borghese, impunito nel dopoguerra e protagonista anche nell’Italia repubblicana per il tentativo di colpo di Stato (il “golpe Borghese”) e altri episodi interni a quella che è stata definita dagli storici Strategia della tensione.
Il tentativo di normalizzazione e pacificazione col fascismo e col postfascismo ha molte facce che ci devono porre in allerta: dalla vergognosa equiparazione fra partigiani e fascisti in una contrapposizione che non può essere paritaria, alle narrazioni distorte della resistenza italiana o alle rimozioni e negazioni della storia, dalla mitizzazione del fascismo allo sdoganamento dell’uso di frasi, simboli e gesti.
Non possiamo permetterci di sottovalutare episodi che a prima vista possono sembrare minori, come per l’appunto una foto personale sui social, a maggior ragione quando ad essere protagonisti sono i rappresentanti diretti del governo della città. Esibire, in qualunque contesto, simboli che richiamano al fascismo, non è giustificabile su nessun piano. Non accetteremo giustificazioni su questo episodio perché non crediamo al fatto che possa essere valutato come una leggerezza o una goliardata: chi indossa simboli fascisti non può non esserne cosciente.
Perciò chiediamo le dimissioni immediate di Bedini perché è inammissibile un tale comportamento passato o presente che sia, e invitiamo l’assessore, che peraltro insegna storia e si ritiene un appassionato della disciplina, a fare un ripasso di ciò che avvenne nel nostro paese tra il 1919 e il 1945.
Da parte nostra sappiamo che l’antifascismo è un lavoro culturale e militante quotidiano, che va praticato in ogni contesto, politico e civile. Lo dobbiamo ad antifascisti/e e partigiani/e che ci hanno consegnato la repubblica e che non possono essere vilipesi con nessuna rievocazione, in nessuna forma, di un passato nefasto.
Chiediamo alle associazioni antifasciste della città di contribuire nella denuncia di questo episodio e di pretendere unanimemente e con forza le dimissioni di Bedini.
Una città in comune
Rifondazione Comunista