Liste civiche, sono le più votate

mercoledì
13 giugno 2018
Testata:
ITALIA OGGI
Pagina:
10

Se si potessero considerare omogenee politicamente, esse avrebbero stravinto le comunali

Un sintomo della disaffezione della gente per i partiti

DI CESARE MAFFI

Se si potessero considerare omogenee politicamente, le liste civiche avrebbero stravinto le comunali. Anche limitandoci ai capoluoghi, sono incredibili le percentuali che, sommate, esse hanno raggiunto. Ovviamente l’addizione ha un valore soltanto indicativo, non partitico, tuttavia segnala le precarie condizioni cui sono costretti i partiti nazionali. La loro attrazione è così ridotta che devono sempre farsi affiancare da liste locali (quelle che i grillini odiano definendole clientelari) oppure mascherare i loro stessi simboli. I notabili, nel mezzogiorno ma non solo, possono a loro volta ricorrere a liste, sovente in coalizione, per fare dall’esterno concorrenza ai partiti. Si può considerare caso simbolo Claudio Scajola, arrivato al ballottaggio imperiese superando un terzo dei votanti, con tre liste locali e una nazionale (il Popolo della famiglia).

In Sicilia, considerando l’apporto di liste locali, partiti isolani, movimenti estemporanei o espressioni tradizionali di potentati territoriali, si va da un terzo dei voti (i numeri sono arrotondati, per praticità) a Catania, ove lo stesso plurisindaco Enzo Bianco ha evitato il simbolo del Pd, a sopra il 70% a Messina e Ragusa, fino a superare l’80% a Trapani. Significa che addirittura due elettori su tre o quattro su cinque hanno sostenuto una lista non di partito nazionale Per Siracusa, si vedrà quando l’ufficio centrale elettorale avrà messo a posto i conti, visto il caos che si è creato.

Vi sono alcuni centri nei quali i risultati riportati dalle civiche (di destra, di centro, di sinistra, oltre che civiche-civiche) sono fisiologici. Brescia è sul 20%, Ancona e Terni sotto il 15%. Però con Pisa e Brindisi si arriva al 30%, mentre Massa e Viterbo superano il 40%, e fra il 50% e il 60% troviamo Vicenza, Treviso, Avellino e Teramo. Intorno al 60% si piazzano Imperia e Siena, quest’ultima città anch’essa con un ex sindaco (Pierluigi Piccini) che ha corso in solitudine superando un quinto dei voti validi. Da segnare, poi, Sondrio, il più piccolo capoluogo al voto, col 70% di suffragi finiti su liste civiche.

Un caso peculiare è rappresentato da Barletta, considerati contrassegni arieggianti partiti nazionali, da Forza Barletta a Noi con Barletta a Scelta popolare.

Merita citazione pure la coppia di candidati sindaci leghisti eletti al primo turno in Veneto.

A Vicenza la lista #Rucco sindaco ha riportato quasi il 25% dei voti, all’incirca metà del necessario per l’elezione (il Carroccio col proprio simbolo si è fermato al 16%).

A Treviso Mario Conte ha ricevuto sì il quasi 20% dal contrassegno di Alberto da Giussano, ma altresì il 15% dalla lista a lui intitolata e l’oltre 11% dal binomio Zaia-Gentilini.

Più gente entra, più bestie vedrete, proclamavano un tempo gli imbonitori. Più liste e candidati presentate, più voti otterrete. Attenzione: questa affezione alle liste civiche, di qualsiasi tipo, non è soltanto frutto di localismi e di caccia di preferenze. È altresì la conferma di un’insoddisfazione verso il mondo politico: simboli generici attutiscono la fortissima stanchezza verso i partiti

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