Mettere in sicurezza chi vive e lavora nei luoghi dell’accoglienza: chiediamo al Prefetto una risposta al nostro appello

Da giorni le misure restrittive per arginare la diffusione del Covid-19 impongono, giustamente, di restare a casa ed evitare assembramenti e luoghi affollati.

Da alcune zone di Italia arrivano però preoccupanti descrizioni della situazione in alcuni centri di accoglienza, su cui è necessario intervenire per il bene delle persone direttamente coinvolte e della salute pubblica. Ci riferiamo ad una lettera scritta da associazioni e migranti alla Prefettura di Bologna sulla situazione nei CAS di quel territorio, che risultano sovraffollati. Ma pensiamo anche all’intervista del 14 marzo al Vice Presidente dell’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione, che lamenta la mancanza totale di linee guida da parte del governo su come affrontare l’accoglienza migranti in zone di confine come Trieste.

Queste criticità diventano palesi mentre giunge la notizia del primo migrante positivo al Coronavirus in un CAS di Milano, evento che impone alla città una riflessione urgente e un intervento rapido, in un contesto già particolarmente difficoltoso.

In Toscana la situazione è certamente diversa. Da anni il sistema punta su una accoglienza diffusa, in appartamenti. Anche se in alcuni territori, come quello di San Giuliano Terme, operano CAS con presenze e concentrazioni ben più consistenti.

Abbiamo scritto in questi giorni al Prefetto di Pisa cercando di capire quali provvedimenti siano stati presi, o siano sotto esame, per intervenire nel nostro territorio per mettere in sicurezza il sistema dell’accoglienza. Purtroppo non abbiamo ancora ricevuto nessuna risposta.

Pensiamo a misure semplici, come quella di suddividere in strutture di accoglienza più piccole e meno numerose le persone presenti in strutture più grandi. Occorre tenere anche conto che molti degli ospiti continuano a lavorare, in quanto fanno parte del tessuto produttivo del nostro territorio: il loro ritorno in luoghi con molte persone andrebbe accuratamente evitato.

Sarebbe importante avere rassicurazioni su un blocco delle uscite dai percorsi d’accoglienza per mancato riconoscimento della protezione umanitaria o di altra forma di protezione internazionale, in analogia a quanto deciso dal Governo col blocco degli sfratti. Per rendere praticabile l’“io resto a casa”, una dimora bisogna averla!

A tutela di operatori e operatrici dell’accoglienza, degli stessi ospiti e e della salute pubblica, non solo per i CAS più grandi, ma anche per i CAS in accoglienza diffusa, è importante che si prevedano rimodulazioni dei servizi. Lo scopo è evitare il più possibile contatti con gli ospiti che, ricordiamolo se mai ci fosse bisogno, sono richiedenti asilo regolarmente presenti sul territorio.

Infine, è fondamentale che gli operatori e le operatrici dell’accoglienza, vista la natura del loro lavoro svolto nell’ambito di un bando dalla Prefettura, siano dotati/e dei minimi presidi per la protezione individuale, in un momento in cui tali presidi sono difficilmente reperibili.

Confidiamo in una rapida e positiva risposta del Prefetto di Pisa alle nostre richieste di intervento, per il bene di tutte e tutti, a partire da chi vive e lavora nel sistema dell’accoglienza.

Diritti in Comune (Una Città in Comune, Rifondazione Comunista Pisa, Pisa Possibile)

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