Visto che:
• Sin dalla cosiddetta “legge Turco-Napolitano” (legge n. 40 del 1998) l’ordinamento italiano ha previsto il trattenimento coatto dei cittadini stranieri irregolari in attesa di espulsione presso appositi Centri, prima denominati CPTA (Centri di Permanenza Temporanea e Assistenza), poi CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione), infine CPR (Centri per la permanenza e rimpatrio);
• Tali strutture, eufemisticamente denominate “di trattenimento”, sono in realtà luoghi detentivi a tutti gli effetti, visto che prevedono rilevanti e gravi limitazioni alla libertà personale, come riconosciuto dalla Corte Costituzionale sin dalla storica sentenza n. 105 del 2001;
• Il cosiddetto “Decreto Cutro” (decreto-legge 10 marzo 2023, n. 20 coordinato con la legge di conversione 5 maggio 2023, n. 50) ha autorizzato all’art. 10 procedure accelerate, anche in deroga al Codice degli Appalti, per la costruzione di nuovi CPR, lasciando così intendere che l’attuale Governo intende costruire nuove strutture detentive in tutto il territorio nazionale
• Il recentissimo Decreto-legge 19 Settembre 2023 n. 124 ha confermato la volontà del Governo di costruire nuovi CPR: esso ha esteso infatti il periodo di trattenimento fino a un massimo di 18 mesi e ha incaricato la Presidenza del Consiglio dei Ministri di predisporre un piano per l’individuazione di aree dove costruire nuove strutture
Considerato che:
• Sono sempre più numerose le testimonianze e le inchieste relative alla violazione dei diritti umani all’interno dei CPR. Tra i lavori più documentati e recenti in materia si ricordano in particolare il dossier del gruppo di ricerca «Border Criminologies» dell’Università di Oxford (2020), il Rapporto «Buchi Neri. La detenzione senza reato nei CPR» curato dalla Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili (2021), il volume «Dietro le mura. Abusi, violenze e diritti negati nei Cpr d’Italia» della campagna LasciateCIEntrare (2022), nonché la Relazione annuale al Parlamento del Garante Nazionale delle Persone Private della Libertà Personale (2022). Di recente, inoltre, due trasmissioni del programma “Piazza Pulita”, in onda sul canale televisivo La7, hanno fatto emergere numerosi episodi di violenze all’interno dei centri.
• Queste inchieste dimostrano che le condizioni di vita all’interno dei centri di detenzione sono indegne di uno Stato democratico. Mancano servizi di base come il riscaldamento, le docce, le medicine, la carta igienica. Vi si consumano soprusi ripetuti e continui. In molti CPR l’assistenza sanitaria è inadeguata o addirittura inesistente, e si registrano casi (purtroppo molto frequenti) di suicidio e di autolesionismo.
• Data la loro diffusione e la loro sistematicità, queste violazioni dei diritti umani sembrano non tanto uno sgradevole «effetto collaterale» che si potrebbe correggere e rettificare con opportuni controlli. Esse appaiono piuttosto come un elemento strutturale, che ha a che fare con l’anomalo status giuridico di questi centri: si tratta infatti di luoghi di detenzione a tutti gli effetti, in cui però sono rinchiuse persone che non hanno commesso alcun reato. Esterni al normale circuito penitenziario, i CPR non sono sottoposti ai controlli che l’autorità giudiziaria esercita normalmente nelle carceri. La loro gestione è affidata interamente alle autorità di polizia, senza quel delicato sistema di contrappesi e di garanzie che in uno Stato di diritto è chiamato a controbilanciare la forza delle istituzioni di ordine pubblico
Considerato inoltre che:
• Diversamente da quanto hanno sostenuto molti esponenti politici del Governo, i CPR non hanno funzioni di contrasto alla criminalità. La norma istitutiva dei centri – l’art. 14 del Testo Unico Immigrazione di cui al decreto legislativo 286/98 e successive modifiche ed integrazioni – non prevede infatti il trattenimento come misura punitiva per un crimine (neppure per il reato di ingresso e soggiorno irregolare, per il quale è prevista una mera sanzione pecuniaria); la detenzione amministrativa nei CPR è stata pensata unicamente per allontanare dal territorio nazionale i cittadini stranieri privi di un titolo di soggiorno in Italia, ossia per rendere effettivi i provvedimenti di espulsione
• Anche dal punto di vista dell’effettività delle espulsioni i CPR si sono rivelati fallimentari e inefficaci. Come autorevolmente rilevato dal Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, in tutta la loro storia i “Centri” non sono mai riusciti a rimpatriare più della metà delle persone trattenute, che a loro volta sono da sempre una quota assai irrisoria dei cittadini stranieri irregolari presenti sul territorio
• Come ha rilevato il Garante, neppure l’estensione del periodo massimo di trattenimento garantisce l’effettività dei rimpatri. Nel 2011 l’allora ministro dell’Interno Maroni aveva portato il tempo massimo a 18 mesi, ma le percentuali dei rimpatriati non cambiarono. Il picco è stato raggiunto nel 2017 (quando il periodo di detenzione era di 90 giorni) con il 59% delle persone transitate dai Cpr riportate in patria, e il minimo nel 2018 (quando i migranti potevano essere trattenuti per 180 giorni), con il 43%.
• La letteratura scientifica e sociologica sul fenomeno immigrazione è concorde nel sostenere che il trattenimento non agevola affatto i rimpatri, perché questi ultimi dipendono per lo più dalla disponibilità dei Paesi di origine e di transito a riammettere i migranti allontanati dall’Italia. In una fase storica come quella attuale, dove molti Paesi del Medio Oriente, dell’Africa sub-sahariana e dell’Asia sono travolti da guerre civili e conflitti armati, è difficile pensare di poter procedere a espulsioni di massa dei migranti irregolari; per di più, in molti casi tali provvedimenti di rimpatrio consegnerebbero i migranti alle violenze e ai soprusi di regimi autoritari, in violazione del principio di non refoulement sancito dalla Convenzione di Ginevra;
• A fronte di questa inefficacia, i costi di costruzione e di gestione dei CPR sono assai rilevanti. Secondo quanto si legge nel Rapporto CILD, Buchi neri. La detenzione senza reato nei CPR, 2021, i soli costi di trattenimento si aggirano attorno ai 100 euro al giorno a persona, l’equivalente della spesa necessaria per ospitare un anziano in una RSA. Non si vede perché, in un momento di drammatica crisi economica, si debbano investire risorse pubbliche per costruire strutture lesive dei diritti umani e inefficaci.
Ritenuto che:
• La scelta di costruire nuovi CPR è assunta in un periodo come quello attuale, in cui si registra un aumento degli arrivi di richiedenti asilo, e in cui il Governo si è dimostrato incapace di garantire dignitose condizioni di accoglienza ai migranti sbarcati a Lampedusa. È di tutta evidenza che questa fase di relativo incremento dell’immigrazione via mare vada gestita potenziando il sistema dell’accoglienza territoriale e garantendo il diritto di asilo, non con misure espulsive e repressive.
Constatato infine che
• Le raccomandazioni del Garante nazionale, contenute nel citato rapporto, prevedono un sostanziale superamento del sistema dei CPR per come esso è strutturato oggi;
Il Consiglio comunale di Pisa
ESPRIME
La sua ferma contrarietà a qualsiasi ipotesi di realizzazione di un Centro per la permanenza e rimpatrio (CPR) all’interno del Comune di Pisa, della sua provincia, della Regione Toscana e dell’Italia intera;
Chiede al Governo e al Parlamento
Un superamento a livello legislativo nazionale del sistema della detenzione amministrativa;
IMPEGNA IL SINDACO E LA GIUNTA
A sostenere la posizione espressa dal Consiglio comunale e a comunicarla alla Prefettura di Pisa oltre che al Presidente della Regione Toscana;
A chiedere, al Governo nazionale, in tutte le occasioni possibili, un’azione politica tesa alla chiusura dei CPR in tutto il territorio nazionale;
IMPEGNA LA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO COMUNALE
A trasmettere il presente atto al Ministro dell’Interno, ai Presidenti del Senato e della Camera, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri al Presidente della Regione Toscana; ai gruppi consiliari della Regione Toscana.
Francesco Auletta – Diritti in comune: Una città in comune – Unione Popolare