Paesaggio, Rossi ri-boccia la Marson «Buon tecnico. Ma sul piano decido io»

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Paesaggio, Rossi ri-boccia la Marson «Buon tecnico. Ma sul piano decido io»

«ANNA Marson è rimasta finora nella mia giunta perché sono convinto che sia un ottimo tecnico, ma non ne ho mai condiviso la filosofia sulla tutela. Sulla politica ho sempre deciso io. E sul piano del paesaggio decido io». Dopo settimane di attacchi e assalti alla baionetta Enrico Rossi non ha perso il sorriso, ma ha esaurito la pazienza. Il calendario corre, la consigliatura è agli sgoccioli, il tempo dei minuetti tecnico-politici è finito: entro un mese l’atto fondamentale del suo governo, il piano del paesaggio deve essere approvato. Quindi lo strattone al finora lungo guinzaglio dell’assessore all’urbanistica è diventato inevitabile. Più che mai dopo le levate di scudi di qualche anima inquieta del Pd e le accuse di difensore dei lobbisti (in sintonia con un presunto patto el Nazareno in salsa Toscana) che gli sono arrivate come un pugno in faccia dall’associazionismo ambientalista. Proprio quello che la Marson, come prevedevano le regole d’ingaggio di cinque anni fa, avrebbe dovuto saper tenere a bada. «Se qualcuno parla di lobby – ha detto ieri il governatore – gradisco che stia all’opposizione, con me ha poco a che fare». Punto. Con buona pace del gotha delle associazioni ambientaliste che per oggi hanno già preparato nuove esternazioni di protesta.
Rossi alza le spalle e tira dritto, nonostante la cattedra universitaria di Marson, a correggere il piano del paesaggio con la matita rossa ci ha pensato da solo e ieri ha presentato alla stani pa l’emendamento che dovrebbe chiudere le polemiche. «Lo presento come presidente della giunta, a nome del Pd e dell’assessore Marson. Lo discuteremo in commissione e poi sarà approvato il 10 marzo». Tappe serrate e accordo fatto dunque. Con un tracciato chiaro: «Coniugare tutela, bellezza e lavoro. Contenendo l’eccessivo arbitrio delle sovrintendenze». Brilla però l’assenza dell’assessore Marson. Non è accanto a Rossi. «IIo avocato a me la comunicazione». Risponde lui secco. E vai di matita rossa.
Tre le correzioni fondamentali che Rossi (da «comunista progressista») ha dovuto apportare al piano: le regole sulle cave, quelle sulla valorizzazione dei terreni agricoli dismessi e trasformatisi in boschi negli ultimi 50/60 anni, e, infine, le norme di eccessiva tutela dei negozi di vicinato nei piccoli centri storici. Quelle che hanno fatto scattare anche l’eccezione di incostituzionalità del governo Renzi.
Di fatto si tratta di una riscrittura di alcuni punti delle norme generali e dell’articolo 20 che detta le norme per i bacini estrattivi delle Alpi Apuane. Prima novità, rispetto alla stesura del luglio scorso, è l’istituzione di una Commissione regionale sul paesaggio composta da eaper ti in grado di valutare le richieste che riguardino le estrazioni al di sotto dei 1.200 metri. Poi il possibile ampliamento delle cave fino al 30% e solo per 3 anni purchè in perimetri già autorizzati. No dunque a nuovi fronti di cava, ingressi o gallerie senza l’autorizzazione della commissione. Seconda novità: la contestuale approvazione, il 10 marzo, della legge sulle cave che dovrà «contenere le attività estrattive e far sì che si crei nuova occupazione lavorando il marmo sul posto. Gli imprenditori dovranno rispettare i nuovi `patti attuativi’ per ogni bacino del marmo (strade e organizzazione logistica dei siti condivisa) e presentare entro due anni un piano di sviluppo industriale (valutato da un’altra apposita commissione mirata sugli aspetti economici). Solo così le concessioni potranno essere prolungate anche oltre la soglia di 7 o 9 anni che verrà indicata nella legge. Rossi ha previsto anche la creazione di una task force di ispettori incaricati di controllare il rispetto delle regole. La matita rossa non perdona.

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