Il caso di Bologna ha avuto il merito di aprire il dibattito nazionale sull’idea di mobilità per il futuro delle nostre città: da una parte una visione moderna, che sappia sfruttare le nuove tecnologie e quanto già sperimentato per rimettere al centro la qualità della vita, la sicurezza, la salute e l’ambiente; dall’altra la conservazione r una difesa ideologica dello status quo che ormai, tra inefficienza, prezzi dei carburanti e emissioni provocate, risulta chiaramente fuori dal tempo e che non a caso il Ministro Salvini rilancia anche in questi giorni
Abbiamo sempre creduto, e scritto nei programmi, che la mobilità incentrata sull’auto, simbolo per eccellenza di un ‘900 ormai lontano, ha fatto ormai il suo tempo. Per ragioni sempre più evidenti, dalla riqualificazione degli spazi, alla qualità dell’aria, passando per la sicurezza soprattutto dei più fragili, questo sistema ha da tempo mostrato tutti i suoi limiti. Ma la bella notizia è che oggi sappiamo, con la certezza dovuta da tutti gli esempi in cui questa misura è già stata attuata, che un’alternativa esiste. Non si tratta semplicemente di limitare le macchine, nella velocità e nello spazio, ma di facilitare tutto il resto, dalla ciclopedonalità al trasporto pubblico, e, in misura residuale, anche le stesse automobili, magari non inquinanti e condivise.
La città30 infatti non parla solo di limite di velocità, fattore comunque essenziale da molti punti di vista come ampiamente spiegato da esperti del settore, ma parla di riequilibrare gli spazi cittadini, ripensandoli non solo in funzione del transito e del parcheggio delle auto, ma della vivibilità e della percorribilità con gli altri mezzi.
Allora alcune strade saranno esclusivamente destinate al trasporto pubblico (magari su ferro) e altre alla ciclopedonalità. Non si tratta, appunto, di sostenere ideologicamente un mezzo piuttosto che un altro, ma al contrario di applicare razionalmente tutte le conoscenze che abbiamo per perseguire il fine di una mobilità più efficiente e una città più vivibile.
Le auto in città, anche laddove possono correre senza limiti, lo fanno per tratti brevissimi, ma la velocità media rimane limitata a 20-25 km/h quando va bene.
Inoltre liberare zone sempre più altre dal traffico e dall’inquinamento fa bene non solo alla salute e alla qualità della vita, ma anche alla vitalità del tessuto economico.
Purtroppo l’amministrazione comunale, legata appunto a quella visione arcaica incentrata sull’automobile, per cercare di rispondere alla crescente richiesta di un’idea più moderna della mobilità urbana, ha rispolverato le zone 30. Elemento che preso singolarmente è positivo, ma non certo una novità (anche a Pisa sono state introdotte in alcuni quartieri da decenni) e non certo in grado di far fare quel salto di qualità alla città. Insomma, la classica montagna che partorì il topolino.
Per noi Pisa città 30 significa un’iniziativa generale che punta a riequilibrare lo spazio pubblico, riducendo le aree della strada dedicate alle auto con l’inserimento di piste ciclabili e l’allargamento dei marciapiedi, in modo da creare spazi più vivibili per le persone. Invece anche in questi giorni la Giunta Conti rilancia l’urgenza della realizzazione della tangenziale nord-est esattamente l’opposto di quello che va fatto.
C’è bisogno di un vero e proprio di un cambio di mentalità, al servizio della popolazione attuale e futura, che come sempre richiederà i suoi tempi e un’introduzione graduale, ma il fine dev’essere chiaro e ben delineato: sostituire l’automobile come principale modalità per spostarsi e riqualificare gli spazi liberati.
Tale processo deve iniziare prima possibile, siamo convinti che sia arrivato il momento di portare anche Pisa nel XXI secolo. Per questo presenteremo in consiglio comunale un atto di indirizzo per rendere Pisa una vera città 30.