“L’unica famiglia è quella felice”. Con questo slogan si può riassumere lo spirito che ha animato i manifestanti che ieri a Pisa hanno detto “no” all’omofobia. Mentre in 100 piazze italiane si svolgeva la manifestazione delle cosiddette “sentinelle in piedi”, a Pisa sono state contestate da una platea coloratissima, numerosa, convinta. Se infatti circa 80 persone si sono date appuntamento in piazza dei Cavalieri per manifestare contro il ddl Scalfarotto, erano almeno il triplo i contromanifestanti. Striscioni colorati, slogan e sorrisi: un abisso fra quei due volti della piazza che non sono riusciti ad avvicinarsi, troppo grande la distanza.
Alle 18 spaccate è cominciata la “veglia” in piedi del gruppo di sentinelle, che si definiscono apartitiche e aconfessionali e manifestano contro la legge anti omofobia in discussione in Senato in questi giorni. Secondo loro il ddl Scalfarotto introdurrebbe un reato di opinione, attaccando in questo modo la libertà di espressione perché in nome della lotta all’omofobia condannerebbe “chi difende la famiglia tradizionale”. Una lettura forzata di una legge che le vittime di omofobia aspettano da anni, ma anche un pretesto per mettere insieme la difesa della famiglia tradizionale e negando che in Italia esista un problema di omofobia e di diritti.
E questo è stato fatto notare dai contromanifestanti, che hanno cercato di dialogare con le sentinelle, silenziose, inamovibili, serissime. Libro aperto in mano – la Fallaci la più gettonata, ma non mancavano Giovanni Paolo II, Adinolfi, Ratzinger e una totalmente decontestualizzata Arendt – la maggior parte delle sentinelle non ha rivolto parola a chi gli chiedeva una ragione, un’argomentazione, un perché. Qualcuno invece lo ha fatto, e con disponibilità al dialogo. Lo hanno fatto un prete, due ragazzi ventenni, l’avvocato Giuseppe Toscano, presidente della Fondazione Teatro di Pisa, che si è detto “attento e sensibile ai diritti civili, ma contrario al matrimonio fra gay e lesbiche e contrario al ddl Scalfarotto”.
Intanto in piazza dei Cavalieri il sole calava, comparivano i goliardi con poesie e canti spinti, due ragazzi che non hanno smesso di baciarsi per quasi un’ora ininterrottamente vincendo il premio resistenza muscolare. La Pisa antiomofoba si è mescolata alle sentinelle, spiazzandole, sparpagliandole al coro di “Via, via l’omofobia”. Alla fine, di sentinelle in piazza ne sono rimaste pochissime e quando l’ultima se n’è andata, è partito un fragoroso applauso.
Perché questa città ha una tradizione quanto ad accoglienza e diritti: qui si è tenuta la prima manifestazione italiana lbgtq, qui c’è stata la creazione di uno dei primi registri delle unioni civili. Una tradizione che, oltre alle numerose associazioni, vede anche le istituzioni impegnate: il Comune di Pisa tra le altre cose issa la bandiera rainbow ogni anno sul Ponte di Mezzo per combattere la discriminazione basata sull’identità di genere e sull’orientamento sessuale.
Domani il Senato voterà il ddl Scalfarotto ed è un’occasione che speriamo il Paese non voglia perdere. Per verificare che il ddl non introduce il reato d’opinione basta leggerne il testo, che modifica la Legge Mancino del 1993 e la Legge di Ratifica della Convenzione Internazionale contro le discriminazioni razziali del 1975, introducendo delle aggravanti.
Il crimine descritto dalla legge Mancino, diceva lo stesso Scalfarotto in Parlamento, è molto chiaro e preciso, “individuando condotte che vanno ben al di là della semplice manifestazione di un’opinione. Infatti, essa punisce l’istigazione a commettere una discriminazione o una violenza, non mere opinioni, quand’anche esse esprimano un pregiudizio”.
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