venerdì 18 aprile 2014, http://www.controlacrisi.org/
Pisa, più di mille al corteo solidale per dire no al razzismo nel ricordo di Zakir
Un Venerdì Santo anomalo e combattivo quello che è appena trascorso a Pisa. Il dolore per la morte di Zakir, ucciso con un pugno, per ragioni che ancora non si conoscono, non si è affatto spento. È stata la parte più vigile e bella della cittadinanza che ha voluto unirsi in corteo con la comunità bengalese, le serrande anche oggi abbassate, le persone che man mano che vedevano la manifestazione si univano perché quello di cui si sentivano privati era un loro cittadino.
Zakir lo conoscevano in molti. Alla fine, quando il corteo è giunto davanti alla Prefettura, contava su un migliaio di persone, un segnale di forza di fronte a tante barbarie. Un cittadino pisano ha lasciato, ieri sera, questo ricordo su fb: «Conoscevo personalmente Zakir. Ci fermavamo spesso a chiacchierare insieme quando passavo a mangiare indiano lì al Tanduri, (il ristorante in cui lavorava, ndr). Di solito nel primo pomeriggio prima di rientrare in ospedale; talvolta alla chiusura del ristorante intorno alla mezzanotte e capitava anche di fare un pezzetto di strada insieme verso la stazione. Parlavamo spesso dei miei viaggi a zonzo per il mondo, altre volte ci scambiavamo consigli sulla preparazione di qualche prelibatezza di cucina etnica, ma i momenti che preferivo e che conserverò per sempre nel mio cuore sono quelli in cui lo sentivo parlare della sua famiglia in Bangladesh di quanto gli mancassero i suoi figli e soprattutto sua moglie e di quanto fosse orgoglioso di riuscire a mandare loro gran parte dei soldi che guadagnava per garantire loro un futuro luminoso. Lo ammiravo moltissimo quando mi parlava dei suoi cari gli si accendeva una luce negli occhi che mi faceva sorridere il cuore Mi ricordo di un giorno, sarà stato più o meno un anno e mezzo fa, in cui iniziò a piovere copiosamente Zakir aveva appena finito di lavorare al ristorante ed era davvero stanco ma nonostante ciò, non appena sentì cadere le prime gocce di pioggia, era già in giro per cercare di vendere qualche ombrello con l’unico obbiettivo di racimolare qualche euro in più da mandare a casa in quel mese».
Era questo Zakir, un uomo ucciso per noia o per divertimento forse, da giovani provenienti da un paesino fuori città investito dalla crisi e in cui il disagio sta crescendo. Sembra che il suo assassino sia un giovane di origini tunisine considerato il capo di un gruppo composto da ragazzi italiani, uno anche minorenne. Ci vorrà tempo per trovare le ragioni, l’autore del colpo mortale è probabilmente già scappato in Tunisia e ne verrà chiesta l’estradizione. Qualcuno potrebbe tentare di sentirsi assolto dalla nazionalità del reo ma è un errore madornale e forse anche comodo. Hamrouni, così si chiama l’accusato, da quanto è dato sapere vive da tanti anni in Italia tanto da poter essere equiparato in tutto e per tutto ad un autoctono.
Nelle perquisizioni che sono scattate in casa del branco, sono stati trovati magliette e gadget dei paracadutisti, come se quello del parà fosse il mito che li teneva assieme, un mito in cui la violenza è parte integrante e connotata e che spesso ha già creato problemi di convivenza in quelle zone. E forse bisognerebbe cominciare a fare i conti con una società in cui non è possibile utilizzare la provenienza nazionale come stereotipo da vendere sui media o con cui fare politica. Le tipologie di disagio che crescono non possono che produrre questo tipo di violenza in cui le vittime sono i soggetti più vulnerabili perché refrattari a questo schema. E la maturità della piazza bengalese e pisana è stata proprio quella di aprire il corteo con un no alla violenza secco e privo di condizioni.
“Ciao Zakir” recitavano molti dei cartelli portati in spalla da quegli uomini dai volti addolorati ma carichi di dignità e orgoglio. Il sindaco, noto per un securitarismo a senso unico, ha espresso in piazza stavolta il proprio cordoglio, assicurando che si prodigherà per far sì che episodi del genere non debbano più accadere, anche il prefetto ha assunto impegni davanti ai leader della comunità e al console del Bagladesh venuto per l’occasione. La Pisa antirazzista non vuole dimenticare questa che è considerata una tragedia dovuta anche alla scarsa sensibilità finora dimostrata dalle istituzioni nel rapportarsi con i cittadini non autoctoni. Da “Africa Insieme” sono tornati a chiedere la disponibilità dell’amministrazione a garantire l’ingresso della famiglia di Zakir e la costituzione parte civile contro gli autori del delitto. Un delitto forse preterintenzionale ma non per questo meno grave e compiuto in gruppo. Chi non ha picchiato ha aiutato l’assassino a divincolarsi dai testimoni, durante la notte altre persone sono state aggredite dallo stesso gruppo. Ovviamente solo cittadini stranieri. Si va ancora definito come un omicidio a sfondo razziale, è il razzismo che è cambiato ed è divenuto molto più pervasivo e complesso.