Sono trascorsi ormai otto anni da quando la chiesa di San Francesco è stata chiusa. Ai primi dell’Ottocento, a seguito delle soppressioni napoleoniche, da San Francesco furono sottratti alcuni capolavori assoluti dell’arte italiana che oggi fanno bella mostra di sé al Louvre di Parigi, quali la Maestà di Cimabue, il San Francesco riceve le stigmate di Giotto e San Tommaso d’Aquino fra i Dottori della Chiesa di Benozzo Gozzoli. Una piccola Maestà di Cimabue era attestata in sagrestia ed oggi è esposta alla National Gallery di Londra, mentre al Museo di San Matteo si trova la tavola duecentesca con San Francesco e miracoli attribuita a Giunta di Capitino. Tutto ciò non fa che testimoniare l’importanza di questa chiesa tra XIII e XIV secolo, mentre oggi è quasi dimenticata.
Ampliata dall’architetto Giovanni di Simone attorno al 1265, per volontà dell’arcivescovo Federico Visconti, e completata solo agli inizi del Seicento, è un tipico esempio di architettura francescana a navata unica con capriate lignee e uno splendido campanile poggiante su due mensole. All’interno, sugli altari laterali realizzati dopo la Controriforma si conservano begli esempi di pittura moderna (la Natività di Gesù con Adorazione dei pastori del Cigoli, l’Assunzione della Vergine di Ventura Salimbeni, il Battesimo di Cristo dell’Empoli, San Francesco riceve le stigmate di Santi di Tito e San Francesco riceve l’indulgenza di Francesco Vanni). Degna di nota è poi la Sala del Capitolo, raggiungibile dal chiostro, affrescata da Niccolò di Pietro Gerini nel 1392. Pochi pisani conoscono tutto ciò, pochissimi hanno avuto occasione di entrarvi nell’ultimo decennio. E quanto dobbiamo aspettare ancora? Nella primavera del 2016 ci mobilitammo assieme a Tomaso Montanari per chiedere che partissero i lavori di restauro, sette anni dopo siamo di nuovo in attesa che qualcosa si sblocchi, perché i cittadini, i turisti e le persone interessate devono tornare a vivere e a conoscere un patrimonio culturale che appartiene a noi e a loro, a tutti.
Per questo immaginiamo una Pisa diversa, con percorsi d’arte che leghino le tante chiese del quartiere di San Francesco (tra queste Santa Caterina, San Zeno, San Pietro in Vinculis, San Paolo all’Orto, Sant’Andrea, Santa Cecilia, San Matteo, Santa Marta) al vicino Museo nazionale di San Matteo. E prima ancora la città deve tornare a prendersi cura del proprio patrimonio, restaurare monumenti a rischio e inaccessibili e riaprirne finalmente le porte. Così per la piccola chiesa di Santa Marta, che un anno fa è stata chiusa per il cedimento improvviso di una parte del tetto, e per la chiesa di San Silvestro in Piazza Serantini, oggi parzialmente adibita a magazzino della Soprintendenza, al cui interno, tra le altre cose, si trovano importanti dipinti di Aurelio Lomi.