“Siamo umani” era lo striscione che precedeva la festosa, colorata e molto partecipata marcia della famiglie rom del campo della Bigattiera che giovedì scorso ha attraversato per 5 chilometri la pineta fino alle scuole di Marina di Pisa. La manifestazione era stata organizzata, d’accordo con le famiglie rom, da Luca Randazzo, educatore e scrittore che da molti anni si occupa per passione e professione dei problemi dei minori svantaggiati. La marcia, a cui hanno partecipato numerosi esponenti dell’associazionismo locale che quotidianamente lavorano con le famiglie rom (Africa Insieme, Opera Nomadi, Asifar), di attivisti del Municipio dei Beni Comuni e di alcuni esponenti politici (Ciccio Auletta di Una città in comune e Simonetta Ghezzani, presidente di SEL della commissione politiche sociali del Comune di Pisa) era stata indetta per protestare contro la situazione ormai insostenibile vissuta dalle famiglie rom del campo che da anni attendono risposte credibili alle proprie necessità abitative, ma soprattutto per chiedere con forza il rispetto dei propri diritti, a partire dallo scuolabus per i bambini del campo, dall’acqua e dalla luce, servizi che il Comune di Pisa ha progressivamente ridotto e poi tagliato del tutto.
La storia di questo campo è sicuramente tormentata. Si tratta di un ex campeggio situato all’interno della pineta che da Pisa conduce a Marina di Pisa abbandonato da molti anni. Un luogo senz’altro suggestivo, ma lontano dai centri abitati. In questo campo, alcuni anni fa l’amministrazione comunale pisana cominciò a raccogliere alcune famiglie rom sgombrate da altri campi. Una soluzione che doveva essere provvisoria, ma che, come spesso succede in Italia, è diventata permanente e che si è progressivamente deteriorata, in mancanza di risposte istituzionali credibili e percorribili. Con l’aggravante che, almeno dal 2011, il Comune di Pisa si è progressivamente disinteressato della situazione abitativa, igienica e sanitaria degli abitanti della Bigattiera, soprattutto dei minori. Infatti, dopo aver messo a disposizione lo scuolabus per i bambini e gli adolescenti del campo nell’anno scolastico 2011-2012, e aver attivato luce e acqua, già dal 2012 il Comune ha dismesso il servizio di scuolabus e poco dopo anche la corrente elettrica che permetteva di attivare, fra le altre cose, anche l’autoclave necessario per la fornitura dell’acqua, in quanto il campo era abusivo e in fase di smantellamento. Con il risultato che, oltre ai disagi per tutte le famiglie costrette a vivere senza luce, né acqua e quindi ad arrangiarsi in vario modo per vivere in modo dignitoso, questi provvedimenti hanno colpito particolarmente la popolazione minorile del campo, che costituisce circa il 50% degli abitanti della Bigattiera. Infatti la frequenza scolastica ha cominciato ad essere instabile fino ad azzerarsi del tutto in molti casi. Il motivo è presto detto: senza acqua è molto difficile lavarsi e pulire i propri abiti e senza pulmino è impensabile che bambini, la cui età varia dai 6 ai 12-13 anni possano fare da soli 10 chilometri a piedi, fra andata e ritorno, per raggiungere le scuole Viviani e Niccolò Pisano di Marina di Pisa percorrendo una strada in mezzo alla pineta e molto frequentata dal traffico autostradale sul ciglio della strada. I pericoli sono evidenti a tutti. Ma non agli amministratori del Comune di Pisa che hanno continuato a barcamenarsi fra vane promesse ed ipocriti buoni propositi, sempre disattesi.
Nel 2013, quando una petizione firmata da 300 cittadini per sensibilizzare gli organi istituzionali preposti, arrivò sul loro tavolo, la discussione che ne seguì in Consiglio Comunale produsse un ordine del giorno il 1 agosto del 2013, votato all’unanimità dalle forze politiche, in cui il Comune di Pisa si impegnava formalmente a ripristinare il servizio di scuolabus per i bambini della Bigattiera, oltre alla luce a all’acqua per tutti. Parole al vento, perchè da allora nulla è stato fatto e i bambini del campo hanno perso un altro anno scolastico, con in più la beffa che il 27 marzo di quest’anno le famiglie del campo sono state denunciate per inadempienza dell’obbligo scolastico.
Il Comune si giustifica in vario modo. Intanto tirando in ballo la Regione Toscana, rea di non aver versato 100.000 euro che gli erano stati promessi per la risoluzione del problema. Ma nel novembre del 2013. il Comune di Pisa aveva già ricevuto 30.000 euro dalla Regione, come risulta dalla registrazione audio della Commissione 2 del 13 gennaio 2014. Che fine hanno fatto questi soldi? Come sono stati spesi?
Un’altra giustificazione del Comune, riportata dagli organi di stampa locali è la seguente: “Portare l’acqua e l’elettricità al campo è tecnicamente molto difficoltoso”. A cui ha già risposto pubblicamente Luca Randazzo: “Si fanno i campeggi in mezzo alle pinete perfettamente serviti da ogni servizio pubblico essenziale, quindi non si capisce come non si riesca a portare acqua ed elettricità in quel campo”. In effetti non si capisce quale sia la difficoltà tecnica, tenendo conto che quando le famiglie rom sono state dislocate alla Bigattiera i servizi di luce e acqua erano attivi.
Un’altra motivazione sollevata dal Comune, rispetto alla disattivazione del servizio di scuolabus per i bambini, è che il servizio viene attivato solo per chi è residente e siccome tra le famiglie rom della Bigattiera quasi nessuno risulta residente tale servizio non è attivabile. O, meglio, è attivo solo per i 3 bambini (su 50) che risultano residenti. Gli altri si arrangino. Ora, al di là della motivazione freddamente burocratica sostenuta dal Comune di Pisa che non tiene minimamente conto della situazione psicologica dei minori (è facile immaginare la reazione emotiva dei bambini del campo, quando alla mattina arriva lo scuolabus e fa salire solo i tre “fortunati”), tale comportamento risulta oggettivamente discriminatorio nei confronti dei minori e contrario alle convenzioni internazionali in materia di tutela dei minori firmate anche dall’Italia. L’assessore Marilù Chiofalo afferma: “Secondo il regolamento approvato dal Consiglio Comunale, i bambini possono usufruire del servizio se hanno la residenza nel Comune. Per quanto riguarda il campo abusivo della Bigattiera solo 3 dei 50 bambini appartengono a famiglie residenti: a questi il servizio è stato regolarmente assegnato”. Quindi tutto a posto. La burocrazia ha fatto il suo corso, il Comune è in regola. E delle persone in carne ed ossa chi se ne frega. Ponzio Pilato non avrebbe saputo fare meglio.
Ma in questo ragionamento qualcosa non funziona. Come mai il Comune afferma oggi che il campo della Bigattiera è abusivo, quando per anni ci ha mandato intere famiglie rom sgombrate altrove? Quanto poi alla residenza, è notorio che ottenere la residenza a Pisa è quasi impossibile, come è stato rilevato pubblicamente da Una città in comune, che proprio su questo tema ha lanciato recentemente un appello a favore di un’iscrizione anagrafica delle persone che vivono e abitano de facto nel territorio del Comune di Pisa che non sia subordinato alle condizioni di vita di una persona, al suo reddito, al suo lavoro o non lavoro, al tipo di alloggio di cui dispone, proprio per venire incontro ai bisogni delle categorie svantaggiate della popolazione che senza un riconoscimento di tal genere non possono accedere ai servizi pubblici essenziali.
La cosa più grave è poi legata alla condizione dei minori che abitano nel campo della Bigattiera rispetto alle convenzioni internazionali firmate anche dall’Italia. Il Comune di Pisa, con il suo comportamento contraddice infatti alcuni principi essenziali contenuti nella Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 20 novembre 1989 e ratificata dall’Italia con la legge n.176 del 27 maggio 1991. In particolare, all’art. 2, dedicato al principio di non discriminazione, si legge che “i diritti sanciti dalla Convenzione devono essere garantiti a tutti i minori, senza distinzione di razza, sesso, lingua, religione, opinione del bambino/adolescente o dei genitori”. Mentre all’art. 3, dedicato, al principio del superiore interesse del minore, si legge che “in ogni legge, provvedimento, iniziativa pubblica o privata e in ogni situazione problematica, l’interesse del bambino/adolescente deve avere la priorità”. Infine l’art.12 della Convenzione, sul principio di ascolto delle opinioni del minore, prevede il diritto dei bambini ad essere ascoltati in tutti i processi decisionali che li riguardano, e il corrispondente dovere, per gli adulti, di tenerne in adeguata considerazione le opinioni. Il comportamento del Comune di Pisa nella decisione di togliere il servizio di scuolabus, la luce e l’acqua ai bambini del campo contraddice tutti questi principi e ci auguriamo che le prossime decisioni istituzionali sugli abitanti del campo rom della Bigattiera tengano conto di tutto ciò.
A margine della situazione degli abitanti del campo rom della Bigattiera aggiungiamo alcune riflessioni più generali. Dieci anni fa, in un documentario sulla condizione dei lavoratori precari dei call center, una lavoratrice diceva testualmente: “E’ così normale non avere diritti”. Noi oggi assistiamo alla normalità e spesso all’aperta rivendicazione della disuguaglianza come condizione di vita naturale della nostra società. Quando si negano le mense pubbliche ai bambini poveri, come fu il caso del sindaco leghista di Adro, o la merenda ai bambini delle famiglie che pagano meno perchè non possono, come è il caso di questi giorni del sindaco grillino di Pomezia, si opera oggettivamente, anche se forti del consenso elettorale (come rivendica apertamente il sindaco grillino di Pomezia che afferma di aver preso la sua assurda decisione in accordo con le famiglie della scuola “che si lamentavano della retta troppo alta”), per la costruzione di una società che non ha proprio niente di moderno, ma che ricorda la divisione in caste del nostro Medioevo, una società profondamente disuguale che è anche alla base del declino economico, culturale e sociale del nostro Paese.
Infine è bene dire qualcosa anche sulla “pazienza dei poveri”. E’ ormai notorio, e lo abbiamo già visto recentemente anche a Pisa nel caso dell’apertura del nuovo stabilimento Ikea, che quando ci sono in ballo molti soldi, molti interessi (anche legittimi, per carità, quando si tratta di posti di lavoro), le decisioni delle istituzioni preposte sono rapidissime. Mentre quando si tratta di prendere provvedimenti a favore delle classi sociali più svantaggiate, soprattutto ne caso dei rom, i processi decisionali si allungano enormemente, cominciano i soliti mantra (“non ci sono soldi”, “c’è la crisi”, “non si possono spendere i soldi dei cittadini per i rom”…) e si cerca di nascondere i problemi all’opinione pubblica, anche fisicamente (per esempio dislocando specifiche categorie di persone, come rom, profughi, migranti, ecc., in luoghi inaccessibili, “invisibili” ai “bravi cittadini”…). E’ bene però ricordare che l’indifferenza, la discriminazione, la disuguaglianza di certi comportamenti istituzionali non sono a costo zero per la società, e tornano sempre drammaticamente indietro come un boomerang.
Marcello Cella