Il nuovo anno scolastico è iniziato da quasi un mese, le scuole aperte da 10 giorni ed è evidente a tutti e tutte la crisi strutturale che il sistema educativo italiano sta affrontando. Le blande indicazioni del Ministero dell’Istruzione per la riapertura dell’anno scolastico hanno lasciato gli studenti, le famiglie, i docenti e il personale tecnico amministrativo nel caos. Da quello che possiamo osservare, le condizioni di agibilità degli istituti di ogni ordine e grado nel solo comune di Pisa insieme con l’interpretazione delle norme, non sempre appropriate alle condizioni reali, creano condizioni di studio e di lavoro disomogenee; non vogliamo immaginare quali profonde differenze nell’accesso in sicurezza e nella qualità della didattica stiano emergendo nell’intero paese. Il diritto all’istruzione di alunne ed alunni, sancito dalla Costituzione Italiana, è soddisfatto in modo assolutamente difforme tra istituto e istituto, tra territorio e territorio, in presenza di mille criticità e in una situazione di estrema precarietà.
É possibile attribuire la responsabilità di questa situazione alla sola emergenza sanitaria? Sicuramente la pandemia ha colto il sistema pubblico impreparato, provato da anni e anni di tagli che – in nome dell’austerità – hanno gradualmente impoverito e indebolito la scuola pubblica così come la sanità. Da anni docenti e studenti denunciano le carenze strutturali del sistema scolastico, carenze che riguardano sia gli edifici che il personale, mentre i governi che nel tempo si sono alternati continuano a ignorare le istanze di miglioramento. Il governo attuale e il Ministero dell’Istruzione, nonostante i mesi a disposizione, sono intervenuti in maniera inefficace e tardiva per preparare la riapertura. Assolutamente inadeguati sono stati gli investimenti generali destinati al mondo dell’istruzione, praticamente inesistenti gli interventi strutturali nell’edilizia scolastica assolutamente, miope il piano di assunzione straordinario del personale docente e Ata, vessatorio l’atteggiamento verso il personale precario che lavora nella scuola da anni che deve anche subire procedure di assunzione confuse e caotiche. Dallo scorso 4 marzo si poteva e doveva fare meglio e di più. Abbiamo assistito durante l’estate ad uno sterile balletto di polemiche su questioni marginali affrontate superficialmente dalla Ministra competente a suon di spot pubblicitari e di propaganda, una serie interminabile di promesse che oggi rivelano tutta la propria inconsistenza.
Non è stato ridotto il numero di alunne e alunni per classe, che restano tutt’ora classi pollaio, con evidenti conseguenze sui rischi per la salute che ogni giorno docenti e studenti devono affrontare per assolvere ai doveri e esercitare i diritti che sono ben sanciti dalla costituzione. Anche a causa delle scelte pessime del ministero rispetto al reclutamento del personale a tempo determinato, gli uffici scolastici non sono stati in grado di fornire alle scuole in tempo il personale a tempo determinato e tanto meno quello straordinario previsto per l’emergenza e ancora oggi le classi sono prive dei docenti e le scuole prive del personale tecnico amministrativo per il normale funzionamento, figuriamoci per affrontare tutte le problematiche connesse alla pandemia. Questo mentre in TV e sui social la Ministra Azzolina e gli esponenti del Governo dichiarano con toni trionfalistici che tutto sta andando per il meglio, a parte qualche criticità.
Per questo ci uniamo al coro di famiglie, docenti e studenti che chiedono che la Scuola Pubblica sia messa al centro dell’agenda del governo e invitiamo tutti e tutte a partecipare alla manifestazione sociale – Senza Scuola non ci sono diritti – promossa dai numerosi comitati locali di Priorità alla Scuola che sono nati spontaneamente in tutta Italia e che si terrà a Roma, a Piazza del Popolo, questo sabato 26 settembre a partire dalle 15. Chiediamo in particolare un aumento almeno al 5% del Pil degli investimenti nel sistema d’istruzione nazionale e una drastica e definitiva riduzione del precariato del personale scolastico per una scuola pubblica e laica che torni ad avere un ruolo centrale e prioritario nella società.
Una città in comune