Una città in comune: “Quanto benessere possiamo sacrificare per gli interessi di SAT?”

Pagina Q, 11 marzo 2014

Una città in comune: “Quanto benessere possiamo sacrificare per gli interessi di SAT?”

Una città in comune interviene nel dibattito sulla Cittadella areoportuale, su cui si sono già esperessi A proposito di Pisa e Confalberghi. Arriva infatti questo giovedì in consiglio comunale la variante al Piano Strutturale che dovrebbe dare avvio al progetto. Una variante che per la lista civica produrrà un’ulteriore cementificazione.
Negli ultimi anni Pisa ha scommesso con sempre maggior forza sullo sviluppo del proprio aeroporto, che è stato in grado di proporsi sempre di più come lo scalo per la Toscana. La nascita dei viaggi lowcost e le caratteristiche positive di Pisa hanno indubbiamente favorito la crescita a ritmi sostenuti che abbiamo visto fino al passato più recente, e un minore impatto della crisi economica in città.
In questo contesto può apparire logico pensare ad un consolidamento delle posizioni del Galilei e ad una sua ulteriore crescita. Così, oltre che migliorare le infrastrutture dello scalo, è stato ritenuto necessario dotarlo di infrastrutture di servizio come il People Mover che ne aumentino il valore e la competitività, a prescindere dal loro reale beneficio per la città.
Il problema è che il settore aeroportuale, dalla liberalizzazione in poi, è caratterizzato da una concorrenza esasperata e da un’elevata incertezza: basti pensare a cosa succederebbe al Galilei se Ryanair decidesse di trasferire il suo hub in un altro scalo. Gli investimenti quindi sono caratterizzati da un’elevatissima componente di rischio, che a nostro avviso deve essere considerata quando si elaborano prospettive di sviluppo ad impatto elevato sul territorio (pensiamo ad esempio agli effetti disastrosi sul bilancio comunale che l’operazione Sesta Porta sta producendo).
La strategia portata avanti sembra essere basata su un unico presupposto: quello della crescita continua dell’aeroporto fino a 7 milioni di passeggeri all’anno: se si considera che oggi sono circa 4 milioni, si comprende quali possano essere le conseguenze sulla qualità della vita dei cittadini, già pesantemente condizionata dallo scalo aeroportuale.
Quindi la domanda da farsi prima di scegliere che fare deve essere: quanto benessere siamo disposti a rischiare sull’altare della competitività di SAT? Fino a quale dimensione è accettabile continuare ad investire, e a costruire? Questa discussione in città non c’è mai stata, se non forse nei consigli di amministrazione di SAT.
Oggi, quindi, siamo obbligati a porci questa domanda di fronte alla proposta di Variante al Piano Strutturale denominata “Cittadella aeroportuale” che prevede un palazzo dei congressi (capienza massima 4.000 posti), strutture turistico-ricettive, attività commerciali, e altre possibili strutture (impianti sportivi, asili nido scuole materne servizi a carattere territoriale) nelle aree agricole comprese tra la ferrovia e l’aeroporto a Sud della FI-PI-LI.
Questa variante è stata definita “anticipatrice del Piano Strutturale d’Area”, ma ci domandiamo: come si può anticipare un Piano che non esiste ancora, e che non è stato condiviso dagli altri Comuni dell’Area? Inoltre questo intervento tende ad concentrare ancora i benefici del turismo e delle università nel Comune di Pisa, in controtendenza rispetto ad una visione d’area. Infine, l’amministrazione di Pisa, per il Piano Strutturale d’Area, proponeva di “…dare priorità al recupero e riuso delle strutture esistenti e per un Piano “a volumi aggiuntivi zero (0)”, contrastando lo sprawling urbano e il consumo di suolo agricolo”. Quindi si intende anticipare il Piano in modo da realizzare i nuovi volumi sulle aree agricole finché questo è possibile?
Il fatto che i terreni coinvolti nel progetto, comprati come agricoli, appartengano alla SAT conferma che si intende aiutare il più possibile lo scalo pisano nella concorrenza. Questo può essere legittimo, visto che SAT è a maggioranza pubblica, ma deve essere chiaro e condiviso. E non vorremmo che le scelte fossero affrettate dal fatto che l’imprenditore argentino Eurnekian sta conducendo un’operazione di acquisto del sistema aeroportuale toscano.
Altre giustificazioni della cittadella appaiono molto deboli, basate su sensazioni e opinioni, senza elementi giustificativi fondati che invece una variante al Piano Strutturale dovrebbe avere. Anche il fatto che vada realizzata lungo il percorso del People Mover sembra un pretesto, come se ora si dovessero realizzare tutti i nuovi servizi in quella zona per aiutare la sostenibilità economica della navetta tra aeroporto e stazione. Inoltre questa scelta, modificando i confini delle zone omogenee (UTOE) in cui è divisa la città, sancisce che tutto il comparto a Sud della FI-PI-LI, avrà le caratteristiche di zona aeroportuale, con buona pace di tutti i cittadini che ancora vi abitano, che si troveranno schiacciati tra ferrovia, aeroporto, palazzo dei congressi e nuovi alberghi.
Rileviamo infine che ancora una volta i cittadini non sono stati coinvolti: o meglio, lo sono stati quando di fatto la decisione era già stata presa, come sempre. La vera partecipazione si fa per decidere se fare qualcosa, considerando anche l’ipotesi di non farla odi fare qualcosa di diverso, e la si fa con tempi congrui, non con un evento informativo realizzato due settimane prima della votazione in Consiglio comunale. Un percorso partecipativo sarebbe possibile aprendo oggi una discussione vera sul futuro urbanistico e funzionale dell’intera area pisana; invece si preferisce portare avanti un Piano Strutturale d’Area di facciata, che non approderà mai a niente ma che ci costa 50.000 euro l’anno, procedendo nel frattempo, come sempre, con le solite varianti, anche se chiamate “anticipatrici”.

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